Rinnovo dei contratti: manca ancora quello del comparto metalmeccanico all’appello. Lei come crede finirà? Interverrà il governo?
Credo che non sia compito del governo intervenire sulle questioni contrattuali. Questo però non significa non avere attenzione per ciò che succede nelle relazioni industriali. Il modello di contratto collettivo sul quale stanno discutendo Federmeccanica e sindacati contiene elementi di modernizzazione del sistema che, personalmente, valuto molto positivamente. Perciò mi auguro che le parti riescano a trovare un punto di incontro che consenta a tutti di non sprecare un’occasione importante e non facilmente ripetibile.
La nuova agenzia per le politiche attive del lavoro (Anpal) sarà operativa a breve. Cosa c’è di sostanzialmente nuovo rispetto al passato e quali esperienze o aspetti fallimentari sono stati rimossi?
Del tutto nuova è l’idea stessa di avere una agenzia che si faccia carico di progettare e coordinare le politiche del lavoro sull’intero territorio nazionale. Purtroppo le esperienze sin qui maturate al livello di singole regioni o province sono state – salvo qualche lodevole eccezione – deludenti. Dobbiamo rimuovere la segmentazione del mercato del lavoro attraverso una struttura informatica sulla domanda e sulla offerta di lavoro. Dobbiamo rafforzare la rete dei centri per l’impiego pubblici, sia sotto il profilo della quantità di personale addetto che della sua formazione specifica. Dobbiamo ridurre i costi di investimento degli operatori privati derivanti dalle procedure burocratiche di accreditamento.
Dobbiamo mettere a disposizione di tutti i territori strumenti universali di politiche attive, come l’assegno di ricollocazione. Dobbiamo garantire misure personalizzate di aiuto alla ricollocazione in ragione delle specifiche caratteristiche del disoccupato. Ci vorrà tempo, ma è un cammino che non si può più rimandare.
Del documento interconfederale dei sindacati che idea si è fatto?
Un passo avanti verso l’unità sindacale, con aperture inedite delle singole componenti sindacali sulle regole, anche normative, della rappresentanza e sulla transizione da un modello conflittuale ad una visione più partecipativa del sindacato. Ma un documento ancora incerto sui rapporti tra contrattazione di primo e di secondo livello e debole sul piano della attuazione delle regole.
Di quello programmatico di Federmeccanica rivolto ai sindacati?
Federmeccanica ha avuto il coraggio di mettere sul tavolo del negoziato nodi problematici che non potevano più essere elusi: distribuire ricchezza laddove si produce davvero, garantire un sistema di welfare aziendale che integri quello pubblico, migliorare la produttività e la professionalità del lavoro. Credo, però, che – pur tenendo conto delle difficoltà in cui si muove in questo momento il settore metalmeccanico sia necessario da parte delle imprese un impegno economico maggiore di quello sin qui offerto alla controparte sindacale.
Esiste un problema di rappresentanza nel nostro Paese secondo lei?
Esiste soprattutto un problema di credibilità della rappresentanza. Perciò deve essere finalmente realizzato un sistema che ne certifichi la dimensione effettiva. E questo vale sia per i sindacati che per le organizzazioni datoriali.
Agenzie per il lavoro pubbliche e private potranno essere scelte dal cittadino come destinatari del proprio assegno per l’impiego. E poi cosa succede?
Succede che inizia il percorso di attivazione. Che significa che il disoccupato non sarà più un percettore passivo di un sussidio, ma che quel sussidio sarà condizionato alla disponibilità del disoccupato a seguire percorsi di formazione, riqualificazione e accompagnamento al lavoro, fino al colloquio finale con l’impresa. E se si rifiuta una offerta di lavoro congrua, si perde il diritto al sussidio.
Sul lavoro agile a che punto siamo? Come crede risponderanno le aziende?
Il disegno di legge di iniziativa governativa è ora all’esame del Senato, che dovrebbe votarlo e trasmetterlo alla Camera entro l’estate. Il governo segue con attenzione il percorso parlamentare e si conta che il provvedimento possa essere varato dal Parlamento entro l’anno. Le imprese spingono perché si faccia il più presto possibile, i lavoratori non vedono l’ora di poter disporre più liberamente del loro tempo di vita e di lavoro. Sarà una piccola ma importante rivoluzione del modo di lavorare, per come sin qui lo abbiamo conosciuto.