
Noi siamo arrivati in Africa e per fortuna ci sono già imprese nostre – piccole, grandi, medie, grandissime – che lavorano in Africa. Tuttavia dobbiamo fare un lavoro molto più impegnativo nella coscienza collettiva del nostro Paese. E cioè far comprendere che la partita dell’Africa è una partita decisiva. Adesso non è il momento di stabilire se è un’opportunità o una criticità, in ogni caso è una partita decisiva. Non è soltanto decisiva per l’Italia, è decisiva per l’intera Europa.
Ci avviamo verso una fase della storia del Mediterraneo in cui il destino tra Europa ed Africa sarà sempre più intrecciato. Tutto questo è un problema che riguarda l’Europa per intero, non soltanto l’Italia. Per un certo momento i nostri amici europei, i miei amici europei, hanno pensato che il problema fosse fondamentalmente un problema italiano perché collegato esclusivamente al tema dei flussi migratori.
Oggi vedo una maggiore consapevolezza, sono avvenuti due eventi che io considero particolarmente importanti. Il primo è stato il vertice del 28 agosto a Parigi, in cui i principali paesi europei – Italia, Spagna, Germania e Francia – hanno messo in campo una strategia forte sull’Africa a partire da un intervento e una valutazione, una visione sul Nordafrica. Insomma, vedere il documento conclusivo di Parigi era vedere un po’ allo specchio le posizioni che l’Italia aveva sostenuto nei mesi immediatamente prima del vertice.
Il secondo evento è stato il vertice di Abidjan nel quale l’Unione europea e l’Unione africana hanno discusso della centralità del rapporto tra Europa ed Africa, una questione straordinariamente importante. Poi naturalmente in politica non bastano i vertici, non basta il fatto che vi sia una consapevolezza. Tuttavia, il fatto che si comincino a fare dei vertici, che si inizi ad avere una visione comune è già un primo passo, particolarmente importante. (…) Ad Abidjan si è deciso un piano dell’Europa per l’Africa, si è deciso di passare dall’idea degli aiuti all’idea degli investimenti.
Il salto qualitativo di passare dall’idea dell’aiuto all’investimento dice che è cambiato un approccio, cioè non si tratta di un aiuto ma di un investimento. Per essere più chiari, l’intervento dell’Europa in Africa non è un intervento caritatevole, cioè non è che l’Europa va in Africa, o l’Italia va in Africa, perché ha bisogno di esperire un progetto di carità. Va lì per fare un investimento sul proprio futuro. Anzi, direi che l’Europa che guarda all’Africa è un’Europa più attenta al proprio futuro di quanto sia un’Europa che non guarda all’Africa. (…) Non c’è un’Europa se non è capace di guardare al sud e al Mediterraneo, se non è capace di guardare all’Africa.