Si salva il lavoro se si salvano le imprese; si salvano le imprese se si sostiene l’imprenditore nel fare il proprio mestiere. Questo principio diventa il punto fondamentale dell’autunno appena iniziato. Come è già stato scritto, dopo l’emergenza sanitaria è presente l’emergenza economica che, se non risolta, porterà il sistema all’emergenza sociale. Ne consegue che gli argomenti sostanziali da affrontare sono due: lavoro e investimenti.
Lo sforzo economico che si deve realizzare dovrà essere inserito in un modello di programmazione nazionale che ricerchi una soluzione condivisa per far partecipare tutti gli stakeholder a questa alleanza. Ognuno dovrà rappresentare la propria parte costruendo il percorso con l’esperienza, se non vuole subire la conseguenza già prospettata del declino. Siamo infatti giunti al punto cruciale, dove non è più possibile tergiversare sulle azioni da compiere. Lavorare insieme deve diventare il must di questa iniziativa.
L’altra leva fondamentale da utilizzare è costituita dagli investimenti mirati al sostegno delle aziende, così da riprendere lo sviluppo interrotto dal coronavirus. Investimenti intelligenti, che dovranno produrre risultati sul medio e lungo termine, non tralasciando la gestione del breve periodo, affaticata dalla crisi della liquidità.
Un soggetto che entra prepotentemente in questo progetto è la competenza, che contribuisce a realizzare e accelerare il risultato. In scenari che presentano una forte propensione al cambiamento, questo requisito diventa fondamentale perché è fonte di innovazione.
LE ORIGINI
Oltre che un’arte, gestire l’impresa oggi è una complessità non alla portata di tutti. Nascendo l’imprenditoria italiana da un’economia agricola/silvo/pastorale, questa si è trasformata in pochi anni in economia industriale. Nei primi anni del dopoguerra bastava saper produrre per avere successo. L’imprenditore era “un uomo di fabbrica” che dal suo ufficio controllava lo stabilimento, mentre la sua abitazione generalmente faceva corpo con la struttura aziendale. Erano gli anni del boom, in quanto era sufficiente produrre qualsiasi merce che questa era immediatamente venduta. L’Italia mancava di tutto e l’improvvisazione unita all’intuizione copriva ogni difficoltà.
Oggi i tempi sono cambiati e all’improvvisazione è subentrata la gestione manageriale. La conduzione aziendale ha assunto una forma complessa e scientifica, dove la cultura del fare rappresenta uno degli asset più significativi.
LA NUOVA DIREZIONE AZIENDALE
Non si torna più indietro. La pandemia ha determinato una separazione non più cancellabile. Sarebbe un grave errore riprendere la gestione aziendale con le attitudini e le esperienze del 2019. Infatti, un impegno dell’imprenditore e dei manager sarà quello di trasformare “le eccellenze del pre-covid nelle migliori soluzioni del post-covid”. In altre parole, mantenere il ritmo del passato nella logica del presente.
L’organizzazione, la gestione del personale, la finanza, gli aspetti commerciali, subiscono giorno per giorno variazioni che ci ricordano che si è chiusa un’era industriale. In questi aspetti gli imprenditori dovranno essere aperti a discutere un nuovo modello organizzativo che sostituisca il concetto del gestire con quello del guidare. Sottile ma fondamentale cambiamento.
Rimangono validi gli insegnamenti generati dalla storia e dal buon senso. Insegnamenti fondamentali perché facili da adottare nella stragrande maggioranza delle imprese italiane che sono micro e Pmi.
Saranno pronti gli imprenditori a questo cambiamento, a questa svolta epocale? Sicuramente sì. L’imprenditore che ama fare impresa troverà la strada connessa alla propria cultura e coniugherà la competenza alle nuove esperienze. L’innovazione lo aiuterà nella scoperta del nuovo sostenendolo nel passaggio gestionale. Avrà necessità di aiuti e suggerimenti nella parte hard della propria impresa quanto in quella soft: cultura aziendale, digitalizzazione e sensibilità finanziaria.
Sempre nella dichiarazione – già apparsa negli articoli precedenti – che indica come il successo sia proporzionale alla velocità del cambiamento (S=Cv), si propone un modello pragmatico che riassume quanto anticipato. Prende lo spunto da due ambienti che s’incontrano e che si impegnano a “operare insieme”. Il primo, che chiameremo scenario esterno, è formato dalle voci lavoro e investimenti; il secondo, che definiamo scenario interno, è formato dalla cultura manageriale e dalla digitalizzazione. Questi due ambienti sono legati tra di loro dalle competenze.
Mentre i grandi temi degli investimenti e del lavoro sono lasciati alla responsabilità del nostro Paese, la cultura manageriale e la digitalizzazione sono compiti che devono essere sviluppati dalla singola azienda. Naturalmente saranno necessari suggerimenti e sostegni trasmessi all’imprenditore da strutture esterne che sappiano parlare in modo semplice, con semplici concetti e con tanti esempi e confronti. Solo allora queste strutture saranno credibili e accettate.
Confindustria potrebbe assumersi la responsabilità di formare la nuova impresa, in particolar modo le Pmi.
UNA PRIMA CONCLUSIONE
Questo è l’impegno che si vuole assumere: parlare alla nuova impresa che ha il coraggio di intraprendere questa via complessa, che non si spiega più con l’improvvisazione e la buona volontà. Etica, sicurezza, intelligenza artificiale, responsabilità sociale dovranno essere aspetti considerati e affrontati.
Si parla anche al ricambio generazionale, uno dei temi fondamentali per le Pmi impegnate nella ricerca di un nuovo assetto familiare. Quanti giovani imprenditori si sono trovati a rispondere alla domanda “mio padre cosa avrebbe fatto per risolvere questo problema?”. La risposta individua un altro grande problema che coinvolgerà il futuro del nostro Paese.
Dobbiamo parlare oggi alle Pmi con semplicità e con esempi concreti. Concentriamo gli sforzi nel 20% della curva di Pareto per ottenere l’80% dei risultati. Le indicazioni ci sono e non abbiamo tempo per tergiversare. Chi crede nel futuro è sicuramente disponibile: io sono tra questi.
(L’autore è componente del Comitato Scientifico Consultivo di Piccola Industria)