
Il decreto legislativo n. 231 del 2001 che ora compie vent’anni prevede, come noto, la responsabilità amministrativa delle società nel caso di reato commesso, essenzialmente da suoi amministratori o dirigenti, nell’interesse della società medesima (ad esempio, corruzione per ottenere un appalto, infortunio sul lavoro derivante dall’omissione di cautele motivata da un risparmio di spesa, frode fiscale per pagare un’imposta inferiore a quella dovuta e così via).

DANIELE PIVA
Alla responsabilità della persona fisica che materialmente compie il reato si aggiunge, dunque, la responsabilità della società, che può subire sanzioni pecuniarie ovvero interdittive (es. blocco temporaneo di attività, incapacità di contrarre con la Pubblica amministrazione, divieto di pubblicizzare beni o servizi, etc.) oltre alla confisca del profitto (inteso come guadagno) del reato e all’eventuale pubblicazione della sentenza di condanna su giornale a spese dell’ente.
A livello cautelare, inoltre, la società, ancor prima che sia dimostrata la sua responsabilità, può subire sequestri di denaro o di beni ovvero interdizioni temporanee tali da esporla a gravi situazioni di crisi o, comunque, di difficoltà economica. Peraltro, se ad aver commesso il reato è il soggetto apicale, ad esempio l’amministratore, nel processo la responsabilità della società si presume salvo prova contraria a carico della difesa. La persona fisica e la società vengono sottoposte, in linea di principio, allo stesso processo dinanzi al medesimo giudice penale che, all’esito, può anche condannare l’una e prosciogliere l’altra o viceversa.
Regole, procedure, controlli
Per evitare di incorrere nella responsabilità 231 la società può volontariamente adottare ed efficacemente attuare, prima della commissione del reato, un modello organizzativo idoneo a evitarlo. Si tratta, cioè, di adottare formalmente, con delibera dell’organo dirigente, un documento che individui le attività nelle quali possono essere commessi reati (es. gestione del personale, acquisto di beni o servizi, tenuta della contabilità, gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione, inoltro di dichiarazione fiscali, pagamenti, gestione delle risorse finanziare, etc.) e le regole volte a prevenirli (controlli, flussi informativi, etc.) secondo le best practice indicate dalle linee guida delle associazioni di categoria – ad esempio quelle da ultimo elaborate da Confindustria a giugno 2021 – o progressivamente individuate dalla giurisprudenza di settore. La società dovrà poi attuare in concreto le regole del modello e sanzionare a livello disciplinare chi non le rispetti.
Il controllo sull’attuazione del modello spetta a un organismo di vigilanza – composto da una o più persone, interne o esterne alla società – che deve essere appositamente nominato e nel quale le Linee guida di Confindustria suggeriscono di inserire almeno un penalista, possibilmente esperto della materia.
Oltre che a prevenire reati o a rappresentare una condizione di partecipazione a gare d’appalto pubblico, il modello organizzativo risponde, comunque, all’esigenza di garantire economicità dei processi, trasparenza di controlli ed efficienza dell’azione imprenditoriale, nonché a migliorare l’immagine e la reputazione della società sul mercato anche rispetto a potenziali concorrenti o persino a contenere i costi complessivi dell’organizzazione.
Uno strumento per decidere
Nel volume La responsabilità degli enti ex d.lgs. n.231/2001 tra diritto e processo, edito da Giappichelli e al quale hanno contribuito magistrati, avvocati, professori e dirigenti di azienda e autorevoli esperti del settore, abbiamo voluto offrire un quadro attuale e completo della responsabilità 231 delle società, sia sul versante sostanziale che su quello processuale. Il risultato è una guida operativa nell’effettuazione delle diverse scelte organizzative cui l’ente è chiamato nell’ottica di una compliance integrata, onde garantire la massima valorizzazione del modello organizzativo in termini di legalità, economicità ed efficienza anche in imprese di piccole o medie dimensioni, che potrebbero altrimenti trovarsi di fronte a ostacoli insormontabili, in termini di ingolfamento dei processi, moltiplicazione dei controlli, segregazione delle funzioni e dispendio di costi o spreco di energie.

IL VOLUME EDITO DA GIAPPICHELLI
Si tratta, dunque, di un’opera polifunzionale che, coniugando teoria e pratica, mira a descrivere lo stato dell’arte, presentare problemi e prospettare soluzioni mediante inquadramento teorico, analisi dell’esperienza e condivisione delle competenze nell’ambito di una materia multidisciplinare ma comunque incentrata sull’imputazione e sul processo penale, al fine di aiutare l’impresa ad effettuare scelte semplificate ma comunque di qualità e, nel contempo, adatte a strutture organizzative anche snelle e alla natura delle attività specificamente svolte. La consultazione dell’opera può, in altri termini, agevolare la conoscenza della giurisprudenza di settore, prevenire possibili contestazioni giudiziarie e, soprattutto, contribuire a impostare al meglio una consulenza mirata all’adozione di adeguati modelli organizzativi.
NOTA SULL’AUTORE:
Avvocato penalista, Daniele Piva è professore aggregato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre, consulente aziendale e presidente di Organismi di vigilanza ex d.lgs. 231/2001. Insegna, inoltre, presso master di secondo livello, scuole di specializzazione per le professioni legali e corsi di alta formazione. Attualmente è consulente giuridico del ministro della Salute e consulente della Commissione parlamentare Antimafia. Per l’editore Giappichelli ha curato il volume “La responsabilità degli enti ex d.lgs. n.231/2001 tra diritto e processo”.