
La città di Bari, splendido esempio di un Sud non convenzionale e che sfida, vincendoli, tutti i luoghi comuni, ha ospitato le Assise delle Pmi di Confindustria: le prime in assoluto. Grande partecipazione dopo un biennio di pandemia e isolamento, voglia degli imprenditori di confrontarsi per trovare nuove soluzioni ai problemi del Paese.
Dai tavoli tematici, ancora una volta, la formazione delle risorse umane e il loro inserimento nel sistema produttivo è risultato “il” fattore competitivo sul quale si giocherà il futuro del Paese.
L’analisi parte necessariamente dai punti di debolezza: calo demografico, tasso di occupazione femminile inferiore agli altri paesi europei, incapacità di attrarre capitale umano qualificato dall’estero.
Le donne rappresentano una risorsa e numerosi studi condotti nei paesi europei nostri competitor dimostrano come siano libere di fare figli e lavorare in modo proficuo, quando le due condizioni siano rese compatibili. Il nostro sistema scolastico, per come è concepito, invece non aiuta. Basti guardare l’organizzazione, soprattutto dei cicli primari: orari costruiti non sulle esigenze delle famiglie, ma su quelle dei docenti; scuole d’infanzia chiuse dopo le 16 e 30, nei casi più fortunati; politiche per l’edilizia scolastica carenti e prive di visione, con pochi o nessuno spazio per le mense o per organizzare il tempo pieno.
Se vogliamo davvero svoltare, occorrono battaglie lunghe e complesse. Ma siamo sicuri che il calo demografico sia visto da tutti come la priorità? Siamo certi che si voglia affrontare il tema degli orari dei docenti, degli spazi e dei servizi oramai indispensabili per venire incontro alle esigenze delle famiglie? Senza questo cambio di passo, difficilmente il trend demografico si invertirà.
A ciò andrebbero affiancate le azioni per supportare il lavoro femminile, a cominciare dall’adozione del part time, laddove possibile, e dal sostegno economico per chi fa figli, sull’esempio della Francia che da tempo ha messo in campo misure adeguate.
Inoltre, da molte ricerche emerge che abbiamo estremo bisogno di tecnici e laureati Stem, profili che il nostro Paese non riesce a garantire in numero sufficiente. Le cause sono diverse, ma la capacità di attrarre risorse qualificate da altri paesi è sicuramente una di queste. Anche qui l’Italia è agli ultimi posti.
Per invertire la tendenza occorrono politiche di accoglienza abitativa nelle università, corsi universitari in inglese, corsi di lingua italiana per far conoscere il nostro Paese, borse di studio per i più meritevoli. In fondo, nulla di più di quello che già fanno altri paesi che, alla fine del percorso scolastico, si ritrovano risorse formate e pronte per il mondo del lavoro. Dobbiamo solo avere il coraggio di imitare le best practice altrui, non dobbiamo inventarci nulla.
(Articolo pubblicato sul numero di luglio dell’Imprenditore)