Herbert Simon, Premio Nobel dell’economia nel 1978, descrive l’agente economico come soggetto a razionalità limitata. La causa principale è il costo di reperire ed elaborare informazioni. Anche nell’esperienza quotidiana di imprenditori, manager e gestori in azienda l’informazione è difficile da ottenere, analizzare, rappresentare e condividere.
L’evoluzione della tecnologia è sempre stata un fattore che ha permesso di ridurre il costo dell’informazione. Da un lato gli ERP rappresentano ancora un’area su cui operare per migliorare la disponibilità dei dati e l’automazione di processo, dall’altro le tecnologie definite “a supporto del processo decisionale” si sono evolute e hanno avuto come alternativa principale il foglio di lavoro (Excel principalmente). Recentemente stiamo osservando una forte innovazione nelle soluzioni di Business Intelligence, con miglioramento delle funzionalità e abbassamento del costo per utente, fino a parlare di “democratizzazione”.
Cos’è la Business Intelligence? Per definizione una architettura applicativa che permette ad utenti non-IT di integrare dati, trasformarli in informazione e sviluppare un ampio spettro di analisi e condivisione. Proviamo a capire cosa significano tutti i termini e poi capiamo perché le cose stanno cambiando, con la prospettiva dell’utente (del deciso aziendale) e quella tecnica, ovvero di chi implementa e gestisce il sistema, e infine qual è il ritorno dell’investimento per l’organizzazione.
L’impatto per l’utente: migliorare i processi decisionali
Le informazioni sono dati organizzati in vari sensi: sono confrontati con una controcifra (budget, anno precedente, obiettivi), sono relativizzati (percentuali, euro/pezzo, quantità/ore), sono clusterizzati (raggruppati per categorie omogenee, per esempio di prodotto, geografia, segmento cliente) e sono strutturati per una analisi dall’alto verso il basso (ad esempio, se vendo di più, voglio capire quali prodotti stanno crescendo).
I dati cui un’azienda può accedere sono davvero molteplici (dati interni, dati esterni di mercato, ecc…) e l’utilizzo dei canali social amplifica la possibilità di intercettare ulteriori dati. Trasformare i dati in informazione, dal punto di vista cognitivo, significa organizzare i numeri in report organici, che permettano ai lettori di capirli con immediatezza. Oltre ai report, anche le tecniche di rappresentazione utilizzando i grafici aiutano ad accelerare la comprensione. In questo caso parliamo di dashboard.
Le piattaforme di Business Intelligence fanno questo mestiere, ovvero permettono agli utenti di accedere a report e dashboard incrociando diversi tipi di dati, permettendo rappresentazioni grafiche evolute, e di navigare i dati, cambiano le prospettive rapidamente. Ad esempio, se guardo le vendite di prodotto a totale azienda, con un semplice click posso analizzare lo stesso report per un mercato estero. In fase di set up dei progetti di reporting è importante selezionare le informazioni rilevanti su cui concentrarsi evitando, in un contesto con una enorme quantità di dati potenzialmente disponibili, il rischio di una dispersione di energie e tempo.
Progettando accuratamente i template dei report e la loro navigazione – un buon reporting è costruito su non più di due decine di template, che permettono di analizzare tutto, dal conto economico, alle vendite, alla contabilità industriale, crediti – con poche strutture rispondo a molte domande.
Dal punto di vista di manager o decisori aziendali, il passaggio è epocale. Disporre di strutture standard di report con convenzioni di rappresentazione condivise rafforza la cultura aziendale, migliora la ‘number letteracy’ dell’organizzazione (ovvero la dimestichezza di usare i numeri per rispondere a domande concrete), la conoscenza degli eventi aziendali, le cause e, come effetto finale, accelera i processi decisionali. Il miglioramento del reporting impatta tutta l’organizzazione: sia a livello direzionale (top management), che a livello operativo (middle management), grazie all’immediatezza e profondità, se naturalmente ‘profilato’ in modo coerente all’utente e alle caratteristiche del suo profilo decisionale.
L’impatto tecnico: strumenti per raccogliere e integrare i dati
L’altro aspetto della trasformazione da dato a informazione deriva dalla constatazione che nella realtà i numeri sono residenti in basi dati diverse, possono derivare da sistemi diversi e in certi casi avere anche codificazioni anagrafiche diverse. Ma integrare in modo automatico le informazioni derivanti da sistemi differenti, con basi dati diverse e anagrafiche fisicamente distinte, non è un processo semplice.
In questo caso è necessario eseguire l’estrazione dei dati dai differenti sistemi alimentanti, la trasformazione dei codici delle anagrafiche per renderle univoche e il caricamento nel sistema di Business Intelligence o in una base dati intermedia. L’acronimo di ETL (Extract Transform and Load) denota i processi chiave che presidiano l’integrazione dei dati dal punto di vista tecnico.
Le piattaforme di Business Intelligence sono evolute fino a includere, all’interno delle funzionalità offerte dal software, i processi di ETL ossia l’estrazione di dati, la trasformazione ed infine il loro caricamento. Anche in questo caso stiamo notando che le competenze IT richieste per gestire queste soluzioni si stanno riducendo e allo stesso tempo si stanno diffondendo nella comunità degli analisti e dei controller, rendendo più facile reperirle sul mercato.
Investire in Business Intelligence conviene?
Misurare in termini quantitativi il ritorno dell’investimento in progetti di Business Intelligence non è semplice, perché i principali benefici sono legati al miglioramento della conoscenza organizzativa, che non è facilmente quantificabile in termini economici. Nella nostra esperienza, gran parte dei progetti di Business Intelligence hanno un ritorno di investimento rapido ed elevato. I progetti di business intelligence portano benefici in almeno quattro aree:
La prima è l’efficienza che deriva dalla riduzione delle attività manuali, che è normalmente elevata. In ambienti non informatizzati l’attività manuale del controllo di gestione e dei vari analisti funzionali (produzione, vendite…) supera l’80%. Eliminare gran parte delle attività permette di focalizzare il team dei professional su attività di analisi, approfondimento e presentazione, accelerando la qualità delle informazioni e il processo di conoscenza.
La seconda dipende dalla sedimentazione del know how aziendale (informazioni, strutture di reporting, narrative) in un sistema informatico. Le implementazioni di Business intelligence permettono di routinizzare su strumenti informatici soluzioni a problemi di analisi (per spiegare una variazione di performance sulle vendite c’è il report delle quantità, dei prezzi e del mix, per esempio).
Il terzo miglioramento deriva dalla velocità di allineamento dell’organizzazione sul ‘punto di vista’ della realtà, che è facilitato dalla Business Intelligence e che facilita il coordinamento del processo decisionale.
Rimane il quarto vantaggio, quello più importante ma più difficile da misurare: l’aumento della conoscenza dell’organizzazione. Ma a questo punto, nella nostra esperienza, l’investimento è già ripagato dai tre punti precedenti. Con le nuove soluzioni di Business Intelligence e la prospettiva della loro ‘democratizzazione’, per tutte le organizzazioni, i limiti della razionalità si stanno riducendo.
Nota sugli autori:
Francesco Gatto, Responsabile Area Finanza e Controllo – CUOA
Paolo Masotti, Partner di Adacta Advisory