È in corso la prima Settimana nazionale della Protezione Civile. Quali obiettivi vi ponete con questa iniziativa?
Lo scopo principale è quello di stimolare annualmente tutto il territorio nazionale ad occuparsi di protezione civile anche quando non ci sono emergenze in atto.
Insieme al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha fortemente sostenuto questa manifestazione istituzionalizzandola attraverso una sua apposita direttiva, abbiamo voluto coinvolgere per sette giorni – su tutto il territorio nazionale – la comunità scientifica, il mondo delle professioni e dell’impresa, il volontariato e la scuola, gli amministratori locali e quelli nazionali sui temi legati alla pianificazione, alla previsione e alla prevenzione dei rischi che interessano il nostro Paese.
Negli ultimi dieci anni l’Italia è stata colpita da diverse calamità naturali. Il terremoto dell’Aquila e dell’Emilia o le alluvioni di Genova e del Veneto, per ricordarne alcune. È cresciuta di pari passo anche una cultura della prevenzione, secondo lei?
La campagna informativa sulle buone pratiche di protezione civile “Io non rischio”, giunta quest’anno alla nona edizione, ha certamente dato un contributo importante per la crescita della cultura della prevenzione. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Senza dubbio chi ha vissuto l’esperienza del terremoto o di una alluvione ha una sensibilità e una consapevolezza maggiore dei rischi, ma dobbiamo lavorare affinché tutti i nostri concittadini siano preparati e istruiti sui comportamenti da adottare in caso di crisi o emergenze di protezione civile.
“Prima le fabbriche, poi le case” è stata una frase ricorrente in tutte queste occasioni di emergenza, a voler ribadire la centralità del lavoro e delle attività economiche per le comunità colpite. Visitando il territorio quali sono le sue impressioni in merito? Le zone colpite sono tornate veramente a nuova vita?
È difficile fare un discorso generale, soprattutto in un contesto che – come nel caso del sisma dell’Italia centrale, ad esempio – coinvolge un territorio vastissimo.
È evidente che l’obiettivo principale durante la prima fase dell’emergenza è quello di mettere le persone in sicurezza e dare un’assistenza adeguata. Ma superata questa fase, la priorità resta quella di agevolare la ripresa della vita economica e sociale dei territori. Su questo fronte, e su quello più generale della ricostruzione, il lavoro da fare è ancora tanto e i risultati in molti casi non sono quelli sperati.
C’è grande attenzione da parte del Presidente del Consiglio su questi temi e credo che a breve il Governo approverà nuove misure finalizzate ad accelerare questo percorso.
La collaborazione tra Protezione Civile e Confindustria sul fronte della cultura della resilienza è ormai consolidata. Quali potrebbero essere i prossimi sviluppi
È il momento di allargare la collaborazione a tutte le realtà associate a Confindustria (piccole, medie e grandi imprese) per sviluppare una attenzione continua alla prevenzione strutturale e non strutturale. L’idea che investire in prevenzione rappresenti un vantaggio è ormai condivisa dagli industriali. Ora occorre sensibilizzare maggiormente la classe politica affinché questo processo venga agevolato, ad esempio attraverso sgravi fiscali per le aziende che investono sulla messa in sicurezza delle fabbriche.
Ormai molte aziende lavorano sul tema della prevenzione, non solo all’interno dei loro stabilimenti ma promuovendo interventi di messa in sicurezza del territorio in cui sono inserite o stimolando la pianificazione comunale d’emergenza. Il Dipartimento accoglie con favore queste iniziative, che dimostrano quanto la collaborazione tra Protezione civile e Confindustria sia un modello da esportare anche alle altre associazioni di categoria.