
Il Pmi Day esce sempre di più dagli schemi e dai confini di Piccola Industria per diventare un vero e proprio appuntamento internazionale focalizzato sui valori e sul rapporto tra scuola e impresa. Non solo in Italia, dunque, ma anche all’estero, in rappresentanza delle tante nostre aziende sparse in tutto il mondo; quest’anno il Brasile è stato il nostro traguardo più ambizioso. I numeri sono davvero impressionanti: 50mila partecipanti, 700 scuole primarie e secondarie, più di 1.300 imprese coinvolte. Nulla – nemmeno lo sciopero nazionale del 17 novembre – sembra avere intaccato il successo di questa giornata.
Pochi giorni prima, l’11 novembre, si era tenuto, in collaborazione con Assolombarda, il Forum di Piccola Industria a Pavia, che ha passato a Torino il testimone di Capitale della cultura d’impresa per il 2024. Sono stati giorni di lavoro intenso, con una partecipazione affatto scontata in un periodo nel quale diventa sempre più difficile fare uscire gli imprenditori dalle loro aziende. Il nostro plauso va a chi ha organizzato i lavori, per avere scelto testimonianze di imprese così significative e innovative che gli imprenditori, alla fine delle due giornate, erano fiduciosi di potere replicare le best practices ascoltate. Credo che questo sia il miglior patrimonio che ciascuno di noi abbia portato a casa.
La fine dell’anno è anche tempo di consuntivi: questo numero riporta la bella intervista al vice presidente Maurizio Stirpe sui temi del lavoro, della contrattazione e di come stiano cambiando velocemente le professioni e il modo di produrre beni e servizi. La nostra legislazione è ferma culturalmente e giuridicamente agli anni ‘70 e se non aggiorniamo il quadro di riferimento rischiamo di fermare la nostra economia: aumentare la produttività e dare sempre più valore ai contratti aziendali di secondo livello è l’unica soluzione possibile, mentre il dibattito pubblico su salario minimo ci pare ideologico e inutile.
L’altra grande sfida sarà la capacità di ascolto del position paper sulla transizione per un’industria 5.0 messo a punto da Confindustria attraverso il lavoro del vice presidente Maurizio Marchesini, che mira in un contesto molto difficile (inflazione alta, investimenti deboli, costo del credito in aumento, rallentamento dell’economia europea, e tedesca in particolare) a rivitalizzare il nostro tessuto produttivo.
A tutto questo si aggiunge la difficile situazione internazionale. Due guerre in atto sono un fardello pesantissimo: quella della Russia con l’Ucraina sembra lontana da un’ipotesi di accordo, la crisi in Medio Oriente idem. Senza scivolare in facili buonismi, dovremmo provare a recuperare, come Europa, l’autorevolezza necessaria ad avviare un processo di pace. Che il 2024 possa essere un anno più fortunato.
(Editoriale pubblicato sul numero di dicembre dell’Imprenditore)