“Tutto è nato da un’idea che ho avuto quando facevo la babysitter (in realtà non ho mai smesso di farlo!)”. Inizia così la storia che ci siamo fatti raccontare da Monica Archibugi, 27 anni, Romana, Ceo e Founder de “Le Cicogne” – una startup di successo accelerata da Luiss EnLabs – che con grande grinta e passione ha lanciato la app del suo progetto e l’ha trasformato in un modello di business.
Come è nata la sua idea?
Facevo la babysitter per guadagnare un po’ di soldi mentre studiavo economia all’università, una volta una mamma mi ha chiesto di accompagnare la figlia a fare sport tre volte a settimana. Questo incarico mi piaceva molto perché si guadagnava di più in meno tempo rispetto al tradizionale incarico di guardare i bambini in casa, era una cosa che facevano già molti altri ragazzi come me, ma io gli ho dato un nome: “baby-taxi”.
Il servizio ha riscosso molto successo, tramite il passa parola molte altre mamme hanno cominciato a chiamarmi chiedendomi di accompagnare anche i loro bambini, non mi piaceva dire di no, ma non avendo più tempo a disposizione ho cominciato a trovare miei coetanei automuniti cui passare il lavoro. È andata a finire che sono diventata un punto di riferimento non solo per chi aveva bisogno che i propri figli venissero accompagnati, ma anche per i tanti ragazzi che cercavano un lavoro flessibile durante gli studi.
Avevo un quaderno sul quale segnavo contatti, recapiti e indirizzi dei genitori e cercavo di abbinarli, per zone di residenza e attitudini, a quelli di ragazze e ragazzi che mi avevano dato disponibilità a lavorare. Dopo un po’ oltre al quaderno ho creato una pagina Facebook per gestire tutte le richieste, ma ben presto quello che doveva essere un modo per arrotondare la paghetta da universitaria stava diventando un impegno troppo grande per me e così ho pensato di farne un sito web.
Per il sito, un amico di amici mi chiedeva 1.400 euro, che non avevo, allora ho pensato di far pagare una fee mensile alle babysitter che trovavano lavoro grazie al mio sito.
E così è nato www.lecicogne.net, era la fine del 2011.
E come è diventata una startup?
L’anno successivo sono stata selezionata per partecipare a InnovAction Lab, un percorso di avvicinamento all’imprenditoria innovativa e al mondo degli investimenti privati e qui ho incontrato la mia prima socia: Giulia Gazzelloni.
Durante il corso abbiamo lavorato al mio progetto, le è piaciuto e ci ha creduto. InnovAction Lab ci aveva insegnato che al primo early stage gli investitori non guardano l’idea, ma il team, quindi, se volevamo trovare degli investimenti per portare avanti il progetto, avevamo bisogno di qualcuno che potesse lavorare alla parte tecnologica. Così, grazie al network di InnovAction Lab abbiamo incontrato Valentina Tibaldo che ha creato il nuovo sito de “Le Cicogne”.
L’idea stava prendendo forma ma eravamo tutte e tre giovani e molto inesperte, non volevamo essere sole nel portare avanti questo progetto. Da gennaio 2013 abbiamo preso parte per 6 mesi al programma di accelerazione di Luiss EnLabs che, oltre a definire meglio il nostro progetto e a insegnarci a lavorare alle metriche da portare agli investitori, ci ha fatto avere un finanziamento di 50.000 euro. Grazie ad altri due finanziamenti, nel 2013 e nel 1014 abbiamo definito meglio il nostro modello di business e da aprile di quest’anno abbiamo lanciato la nuova app.
Ci spiega meglio come funziona?
“Le Cicogne” fa incontrare domanda e offerta: mettiamo in contatto genitori che hanno bisogno di aiuto nella gestione dei loro figli con chi è disposto a darlo.
I genitori che hanno bisogno di una babysitter, di qualcuno che aiuti con i compiti i loro figli o di una persona che li accompagni a fare sport si iscrivono tramite la app o il sito a “Le Cicogne”, inviano una proposta e aspettano che le babysitter si candidino per quella richiesta. Dopo di che i genitori incontrano la persona che hanno scelto, si accordano sul compenso e sui dettagli del lavoro e inizia la collaborazione.
La babysitter tramite la app fa il check-in quando inizia a lavorare e il check-out quando finisce e, in base alle ore lavorate, le viene accreditato il compenso pattuito direttamente sul conto, dalla carta di credito del genitore. Insomma è un servizio semplice, al quale con il tempo abbiamo aggiunto alcune migliorie, come il pagamento cash-less, una assicurazione che copre eventuali danni ai bambini o alla casa, la possibilità di pubblicizzare a pagamento la propria proposta perché risulti più visibile, un servizio telefonico di customer care, ecc.
E per il futuro?
Stiamo lavorando per far crescere la app sia da un punto di vista tecnico che di diffusione. Dal lancio, abbiamo avuto 1.000 utenti in 5 mesi, l’obiettivo è conquistarne 10.000 nei prossimi 5. Ora dobbiamo quindi concentrarci sul marketing, per farlo utilizziamo i potenti mezzi dei social network e quelli del tradizionale volantinaggio.
Abbiamo aperto un found raising da 500.000 euro. Questo budget ci serve per conquistare l’intero territorio nazionale. Abbiamo inviato a tutti i fondi di investimento privati un documento in cui abbiamo dettagliato quali sono i nostri obiettivi e come abbiamo pensato di investire questa cifra, siamo in attesa di ricevere delle risposte.
Per crescere ed essere presenti in tutte le città abbiamo bisogno di comunicare, di farci conoscere. Inoltre ora io e Giulia Gazzelloni che siamo le socie fondatrici (Valentina Tibaldo ha lasciato la società a settembre 2014, ndr), abbiamo 5 dipendenti, tutti under 25, a cui vorremmo cominciare a dare uno stipendio normale.
Siamo tutti molto giovani e disposti a scommettere su un progetto in cui crediamo, ma con il tempo vorremmo vedere ripagato il nostro impegno.