“Facciamo esclusivamente pantaloni, siamo specialisti del settore e vogliamo restare tali senza andare verso un oltre che non ci compete. L’obiettivo primario resta quello di riuscire ad entrare a breve nella ristretta cerchia delle migliori realtà internazionali”. Sono ben chiare, insomma, le idee che muovono le scelte dei vertici aziendali di Berwich – circa dieci milioni di euro di fatturato nel 2022 a fronte di 130 dipendenti –, Pmi con base operativa a Martina Franca, in provincia di Taranto, animata dall’ambizione di poter dire la propria anche in ambiti di livello più alto. Impresa che a partire dal 2007 ha iniziato a crescere in maniera tangibile fino a raggiungere, sedici anni più tardi, l’obiettivo non banale della realizzazione di mille capi giornalieri.
“Verticalizzate come Berwich, di aziende non ce ne sono sicuramente molte all’interno dei confini nazionali e non solo – chiarisce Angelo Fumarola (nella foto in alto), direttore vendite dell’impresa pugliese –. Proponiamo un vero made in Italy privo di scorciatoie, ma che, proprio per questo motivo, presenta costi conseguenti e adeguati alla qualità dei materiali impiegati nella produzione. È perciò diventa sempre più complicato fare i conti con i prezzi per i tessuti che girano in Italia, assolutamente superiori rispetto a quelli che si trovano a fronteggiare i nostri competitor esteri”.
Nel frattempo è un dato ormai assodato che il perimetro d’azione di Berwich sia diventato particolarmente ampio, permettendo alla Pmi pugliese di avere visibilità pure in zone del mondo parecchio lontane da Martina Franca. “L’export è un aspetto primario nel modus operandi dell’azienda. Al momento costituisce il 65-70% del fatturato, considerato che riusciamo a far arrivare i nostri pantaloni, su commissione del cliente e attraverso agenzie, sostanzialmente in tutti i paesi europei, mentre nel resto del mondo ci affidiamo a distributori. E anche se lo zoccolo duro è comunque costituito dalla clientela italiana, sui mercati esteri, dagli Stati Uniti al Canada, passando per Corea del Sud, Giappone e i paesi balcanici, questi ultimi territori in cui stiamo crescendo a vista d’occhio, il brand è sempre più presente e apprezzato. Una considerazione a livello internazionale che ci ha permesso di raggiungere complessivamente, compresa la parte da contoterzisti, i 280mila capi annui, di cui 170 mila marchiati Berwich”, spiega Fumarola.
Questi numeri importanti hanno spinto la proprietà del brand a fare passi ulteriori verso un universo commerciale ancora più stimolante. “Le valutazioni fatte hanno portato al voler dare qualcosa di nuovo a chi si serve da noi. Una clientela medio-alta a cui abbiamo sempre presentato le creazioni al Pitti Uomo di Firenze, ma che, dopo aver scelto di cambiare strategia commerciale, si è deciso di gratificare ancora di più aprendo nel 2019 un flagship store e successivamente uno showroom nel cuore di Milano, entrambi nei pressi di via Monte Napoleone. Nel progetto relativo al futuro prossimo c’è pure l’idea di sviluppare il brand in alcuni mercati europei come Francia, Germania e Spagna, dove non siamo forti come vorremmo – sottolinea il direttore vendite di Berwich –. Inoltre sarebbe importante crescere in Medio Oriente, Hong Kong e Cina, paese in cui non siamo ancora riusciti a mettere piede, anche se prima resta obbligatorio strutturarci sempre meglio per poter poi andare spediti verso l’obiettivo”.
In tutto questo, però, hanno un ruolo non secondario le problematiche relative ai cambiamenti climatici, rialzo delle temperature e sconvolgimento del naturale corso delle stagioni, che continuano ad influire enormemente pure sulle dinamiche lavorative di una casa d’abbigliamento come quella pugliese. “Il dato più preoccupante che viene fuori sono i tanti ritardi nei pagamenti di molti dettaglianti in sofferenza, ormai determinati a chiedere lo spostamento dei periodi dei saldi da inizio gennaio a metà febbraio e dai primi di luglio a metà agosto. Una contingenza al momento tragica per il settore, visto che per esempio alcuni non sono riusciti a ritirare la commessa invernale perché non hanno ancora pagato la precedente. Spero, insomma, si riesca a fare qualcosa al proposito perché sarebbe importante per tantissime attività commerciali, oltre che per noi”.
E se questo è lo stato dell’arte italiano, all’estero, in particolare in paesi già ora toccati dalle basse temperature, la situazione è completamente diversa tanto da complicare non poco la vita ad aziende come Berwich. “Io mi chiedo il motivo di doversi ammazzare per consegnare la merce in anticipo quando poi per il vero freddo da noi si deve aspettare gennaio. Ci troviamo così a fronteggiare due dinamiche commerciali con tempi opposti, se si pensa che in Scandinavia e Russia, invece, dobbiamo tassativamente consegnare a luglio. Come si può comprendere non è certo un periodo facile da gestire”, conclude Angelo Fumarola di Berwich.