
Non solo le donne votano, possono essere votate. È la prima volta in Italia. Ed è una rivoluzione, della quale forse, come scrive in questa pagine Rosy Bindi, non tutte si rendono subito conto. Sono passati settant’anni, di strada in avanti – e indietro mi verrebbe per certi versi da notare – ne è stata fatta parecchia. Oggi il ruolo e la presenza delle donne negli assetti sociali ed economici è un fatto, non dovuto più solo al giusto riconoscimento di pari diritti e dignità, ma anche a ragioni di merito, di indubbie lotte e conquiste e perché no, di efficienza economica: se vogliamo crescere e farlo bene, dobbiamo evitare sprechi e utilizzare al meglio ogni talento di cui disponiamo. Anche quelli che finora non sono stati impiegati come sarebbe stato necessario.
Per secoli, una considerazione di minoranza, anche nei paesi più avanzati, ha riguardato l’universo femminile, senza impedire però ad alcune donne di emergere, raggiungendo cariche di alta responsabilità, in veste di leader di governo, primi ministri, capi di grandi aziende o di istituzioni.
Confindustria ha aspettato quasi cento anni per eleggere una donna alla presidenza, Emma Marcegaglia, e lo ha fatto – come spesso accade – in anticipo rispetto al paese e perfino nel periodo peggiore, nel 2008, quando la crisi in cui era precipitata la Borsa americana sembrava mitigarsi e invece si aggravò. Da allora il mondo in “grisaglia” degli industriali italiani non ha più perso il passo. Nella squadra del presidente Giorgio Squinzi c’erano quattro donne e come Direttore Generale veniva scelta, non era mai accaduto, un’altra donna, poco più che quarantenne, Marcella Panucci. Oggi di donne nella nuova squadra del presidente Boccia ce ne sono esattamente la metà: tre. Un equilibro di genere che in Italia è stato introdotto nel 2012, come ricorda nel suo contributo Lella Golfo, e che ci fa essere all’avanguardia in Europa. Dove siamo, nota sempre la Golfo, il paese con il maggior numero di imprenditrici, in aumento perfino nel momento più duro della crisi.
Per l’esperienza che ho dell’impegno femminile nell’impresa, mi verrebbe da dire che il motivo è semplice: le donne arricchiscono l’attività con entusiasmi e sensibilità per molti aspetti nuovi. Sono disponibili al dialogo, aperte ad accogliere le novità e a gestire gli imprevisti. Caratteristiche fondamentali in azienda, dove la parola chiave è duttilità. E se registriamo una rapida crescita delle donne nell’imprenditoria, lo stesso è vero per una molteplicità di altri settori, anche quelli fino a poco tempo fa appannaggio quasi esclusivo degli uomini, come la politica, la Pubblica amministrazione, il mondo accademico, i corpi di polizia, l’esercito.
Dalla legittima stima per le donne non si deve però rovesciare la medaglia a loro totale vantaggio. Non è detto che le donne facciano meglio degli uomini, scrive arguta la Bindi. Quello che conta – mi permetto di aggiungere – è la persona.
Stiamo faticosamente uscendo da lunghi anni di crisi. C’è aria di ripresa, si respira un clima nuovo, positivo, che però non deve farci abbassare la guardia, dobbiamo insistere perché i segnali sono ancora contradditori ed è vitale metterci al sicuro da eventuali contraccolpi che, stavolta, non possono trovarci impreparati. Stiamo risalendo la china. Non possiamo arretrare.
Abbiamo imprese competitive, bravi imprenditori e imprenditrici, uomini e donne che lavorano con assolute competenze: tutti noi dobbiamo mettere le nostre capacità al servizio di questo paese perché, finalmente, come ha detto di recente il presidente della Piccola Industria Alberto Baban, l’Italia scommetta sull’Italia.