La necessità di una riforma della tassazione dei redditi sia delle persone fisiche sia delle imprese, piccole e medie, invocata ripetutamente da ogni parte, tecnica e politica, è chiara dimostrazione di come il nostro sistema fiscale, risalente al 1971, sia giunto al capolinea. Di ciò ne sono una prova i risultati della ricerca svolta dalla Fondazione Bruno Visentini e dal Ceradi-Luiss in collaborazione con la Piccola Industria di Confindustria su “I ‘lacci e lacciuoli’ gravanti sulle imprese: il Fisco” (pubblicata nel febbraio di quest’anno nei Quaderni “Ricerche del Comitato Scientifico” della Fondazione Visentini). La ricerca, prendendo in considerazione tutti i tributi gravanti sulle imprese, ha, infatti, evidenziato un numero alquanto elevato di adempimenti che, confrontato con il peso di ciascuno di essi, ha portato a valutare il costo della “burocrazia fiscale” a carico delle Pmi pari a quasi 30 miliardi di euro annui. Nonostante il processo di semplificazione recentemente intrapreso dal governo, il gravame burocratico sulle imprese, soprattutto se di piccole dimensioni, non appare superabile se non si pone mano ad una riforma del sistema fiscale. Al riguardo non può non sottolinearsi che l’attuale sistema fiscale è tuttora un sistema “casistico”, per sua natura complesso, sia nell’individuazione dei presupposti che nella costruzione della base imponibile. Tale scelta fu effettuata in occasione della riforma tributaria del 1971 al fine di privilegiare la “certezza del diritto”, e cioè la definizione casistica, appunto, delle fattispecie imponibili, con conseguenti oneri procedimentali a carico dei contribuenti.
L’evoluzione economica e, in particolare, la globalizzazione e l’internazionalizzazione dei mercati hanno radicalmente modificato il contesto di riferimento. Si è presentata la necessità di rispondere alle nuove istanze di un fisco adatto ad un’economia globalizzata attraverso l’introduzione di istituti di portata generale e di ratio economica piuttosto che giuridica: cioè una normativa per principi di ispirazione economica adatta ai rapporti internazionali ma non coordinata con la vecchia normativa casistica. Ciò ha determinato la creazione di un sistema ibrido ancora prevalentemente casistico a cui sono stati aggiunti i nuovi istituti necessari a rispondere ad un’economia globale.
L’evoluzione del sistema è andata, pertanto, verso una progressiva complicazione, coesistendo norme casistiche con norme di principio che non hanno, peraltro, superato la casistica. In buona sostanza coesiste un’impostazione casistica del sistema fiscale con un’impostazione per principi di ispirazione prevalentemente economica. Se, da un lato, ciò ha fatto perdere il fine (o, forse, l’illusione) della certezza del diritto cui avrebbe dovuto essere improntato l’ordinamento, dall’altro, tale circostanza non ha consentito di introdurre quelle semplificazioni che un sistema per principi avrebbe, invece, consentito. Infatti, i pur numerosi interventi di semplificazione recentemente introdotti non sembrano avere modificato radicalmente i termini del problema: fino a che il sistema rimane prevalentemente casistico appare difficile poter operare una vera semplificazione fiscale.
In definitiva, anche a voler ammettere che un sistema casistico, quale quello delineato dalla riforma tributaria del 1971, pur comportando ovviamente una serie complessa di adempimenti, poteva comunque avere il pregio della certezza del diritto, l’evoluzione che ha avuto il nostro ordinamento verso l’introduzione di normative di principio che possano valere in un contesto internazionale, se ha fatto perdere il beneficio della certezza del diritto, ha peraltro mantenuto le complicazioni proprie di un sistema casistico.
Con una battuta, si potrebbe dire che se ieri la complessità del sistema consentiva ai contribuenti, una volta soddisfatti tutti gli adempimenti richiesti, di avere la certezza di non subire contestazioni da parte del fisco, oggi tale certezza è venuta meno, per cui spesso subentra nel contribuente la sensazione, o meglio, la frustrazione di dover fare inutilmente una serie di adempimenti, fini a se stessi, e, comunque, non in grado di garantire rapporti sereni con il fisco.