Lei è alla sua prima esperienza da eurodeputato, come è stato l’impatto con il parlamento europeo?
Il mio ingresso nelle istituzioni europee va contestualizzato in una cornice storica.
La mia elezione è stata soprattutto l’espressione di un sostegno politico che definirei insulare, giunto sia dalla Sardegna che dalla Sicilia e per la prima volta la Sardegna è riuscita ad avere una rappresentanza parlamentare capace di esprimere i valori e gli interessi di un’intera comunità. Far parte del Parlamento Europeo significa vivere una straordinaria opportunità in termini di rappresentanza, è qui che occorre essere incisivi. E perché questo avvenga serve un lavoro di interlocuzione incessante e un dialogo continuo.
Su quali dossier si sta impegnando attualmente?
Parto dall’attualità e da un risultato che non ha precedenti per le nostre isole: il riconoscimento della condizione di insularità ottenuto grazie ad un mio atto di Risoluzione approvato dal Parlamento europeo. Dall’insularità dipende il futuro economico della Sardegna e della Sicilia e la possibilità di internazionalizzare l’offerta turistica, di aprirsi a nuovi mercati, costruire nuove relazioni economiche. Insularità significa crescita, sviluppo, più risorse destinate alla programmazione europea. Per questo all’interno della Commissione commercio Internazionale sto portando avanti diversi dossier su temi decisivi per le nostre isole: dall’implementazione della competitività delle pmi, promuovendo la qualità delle produzioni locali, fino al miglioramento dell’accesso al credito e dell’internazionalizzazione.
In che modo si sta adoperando affinché le proposte a cui state lavorando potranno avere un impatto positivo sull’industria italiana?
Oggi abbiamo la necessità di avvicinare le nuove strategie europee per il commercio e gli investimenti alle reali esigenze avvertite nei territori. Occorre un’attenzione speciale per l’universo delle Pmi, per la produzione locale, per il riconoscimento e la tutela delle indicazioni geografiche. In questo contesto, sto seguendo attivamente i negoziati in corso sull’accordo di Libero Scambio tra Ue e Stati Uniti (TTIP), convinto che i rapporti commerciali tra i due paesi possano avere degli effetti estremamente positivi per entrambi i continenti. Vorrei inoltre ricordare la mia sentita battaglia contro la Concessione dello Status di Economia di Mercato alla Cina (MES).
Pur riconoscendo la Cina come un importante partner commerciale, sono profondamente preoccupato dell’impatto che un tale riconoscimento avrebbe sul tessuto economico europeo e soprattutto Italiano. Credo fermamente che la Commissione europea non possa in alcun modo procedere ad una concessione automatica del MES, poiché non rispettando i 5 criteri imposti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Cina non può considerarsi un’Economia di Mercato.
Le regole del gioco devono essere per prima cosa rispettate, ma devono anche essere uguali per tutti.
Cosa deve fare l’Europa per essere più vicina ai cittadini e alle imprese?
L’Europa deve ripartire dal basso e tutelare le identità locali promuovendo le migliori culture dei nostri territori e questo non sempre avviene. L’esempio più recente è la decisione di sostenere i processi di democratizzazione in corso in Tunisia attraverso un rafforzamento dell’export dell’olio tunisino. È una scelta che va in direzione contraria rispetto al potenziamento delle nostre risorse produttive e che espone le nostre aziende a danni enormi.
Occorrerebbero invece finanziamenti e una tutela dei marchi più rigida che vada a vantaggio di imprese e consumatori. Ecco, la vera risposta è questa: un’Europa che si allontana dalle rivendicazioni delle nostre regioni è un’Europa alla quale bisogna dire no. Io l’ho fatto votando no all’olio tunisino. E continuerò a farlo ogni volta che avrò davanti a me politiche distanti dalle urgenze della nostre città, lontane dalla conoscenza dei nostri territori, contrarie ed insufficienti allo sviluppo del nostro sistema economico.