
Partendo dal concetto che un rifiuto possa essere considerato a tutti gli effetti un prodotto, Haiki+ (300 milioni di euro di fatturato nel 2024 a fronte di 600 dipendenti) è una dinamica realtà industriale lombarda che si impegna quotidianamente su quattro linee progettuali in nome della massima sostenibilità possibile.

IMPIANTO DI LAZZATE, IN PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA
Tra queste Haiki Recycling, in cui ci si occupa della gestione sostenibile dei rifiuti, Haiki Mines, che smaltisce in modo certificato rifiuti non più recuperabili, Haiki Cobat, in grado di offrire alle aziende servizi integrati e personalizzati di raccolta, trattamento e avvio al riciclo di pile e accumulatori esausti, rifiuti Raee, inclusi i moduli fotovoltaici, pneumatici fuori uso (PFU), prodotti in materiale composito e tessili giunti a fine vita e infine Haiki Electrics, branca in cui sostanzialmente si trasformano i rifiuti elettrici ed elettronici in nuove opportunità, promuovendo così un futuro circolare e responsabile.
“Sostenibilità per noi non è solo una parola, ma concretezza applicata al recupero del rifiuto attraverso scelte ed innovazioni nel campo dell’impiantistica che hanno pochi eguali – spiega il vice presidente di Haiki+ Flavio Raimondo (nella foto in alto) –. Per esempio, degli impianti Raee riusciamo a recuperare persino la polvere di rame come anche il gas dei frigoriferi. In più abbiamo promosso e reso praticabile l’idea di rinunciare a costruire nuovi capannoni, riutilizzando invece quelli già esistenti, mentre siamo pure capaci di recuperare nel settore tessile camicie e pantaloni che la gente butta, quindi non dalla post vendita ma dal post consumo, aspetto sicuramente innovativo che a breve, siamo infatti nella fase autorizzativa, ci permetterà di aprire un sito a Novara”.
Un modo di vedere il futuro che viene declinato anche nel giornaliero vissuto all’interno di questa Pmi di quarta generazione con quartier generale a Milano. “Siamo molto attenti a migliorare costantemente il nostro approccio green, recuperando con contenitori dedicati, prima di mandare al riciclo, pure i mozziconi di sigaretta dei fumatori presenti qui in azienda, pratica che abbiamo adottato assieme a quella che ha reso paper free alcuni piani del palazzo che ospita Haiki+”.
In quello che Raimondo non fa fatica a definire un “supermarket al servizio delle materie prime-seconde”, è fondamentale essere nelle condizioni di poter contare su un grande numero di punti di raccolta e su un parco mezzi di un certo livello, non solo numericamente parlando. “Se gli impianti da raggiungere non sono troppo lontani, quindi nel perimetro dal nord al centro Italia, lo facciamo in prima persona, se no ci affidiamo a partner qualificati per il trasporto, sempre considerati i processi complessi che caratterizzano il nostro lavoro”.
Nel frattempo, potendo misurare l’impatto che il nuovo modo di intendere il rifiuto sta avendo sulla gestione delle varie aziende coinvolte, il vice presidente di Haiki+ è in grado di valutare il livello di comprensione generale di questo progetto green. “Debbo dire che finalmente noto una maggiore consapevolezza all’interno delle realtà con cui ci interfacciamo. Ci siamo resi conto che l’industriale ha capito il valore di un processo virtuoso capace di rimettere in circolo quello che resta fuori del ciclo produttivo e può essere riutilizzato recuperando determinati materiali. E se al nord il livello di partecipazione delle aziende è stimabile intorno all’80%, al centro e al sud siamo rispettivamente al 50 e al 40%”.

IMPIANTO DI ALBONESE, IN PROVINCIA DI PAVIA
Un lavoro ricco di sfaccettature, ma proprio per questo molto interessante e di prospettiva, che Haiki+ cerca di portare a termine basando il proprio successo anche sulle competenze dei dipendenti, team che la Pmi lombarda ha assoluta necessità di mantenere stabile nei suoi componenti. “La difficoltà maggiore è di sicuro quella legata al reperimento di autisti, anche se dopo averli trovati non facciamo troppa fatica a fidelizzarli – conferma Raimondo –. Mettiamo a disposizione dei collaboratori un sostanzioso welfare per farli sentire come a casa, mentre li stimoliamo a partecipare a programmi di crescita personale e a corsi di formazione continui. Il dipendente, insomma, non viene mai abbandonato a sé stesso e dal primo giorno gli viene indicata la direzione verso la quale si continua a muovere l’azienda. I giovani? Li vedo molto concreti e interessati alle spiegazioni legate al recupero dei materiali. Non mi sembra proprio seguano modi di fare del tipo ‘intanto prendo questo lavoro e poi vediamo cosa succede’, ma paiono realmente concentrati nel dare sostegno alla cura dell’ambiente e a creare un domani stabile e sostenibile pure per loro stessi”.
In chiave futura, infine, Haiki+ pensa di concentrare ancora di più lo sguardo sul settore del landfill mining, su discariche che sono state chiuse prima del 1990 e nella quali sono presenti soprattutto materiali relativi a vecchie automobili. “Abbiamo fatto carotaggi e visto che si può lavorare sui tantissimi metalli seppelliti in discarica, tra cui alluminio, ferro e rame. Un progetto sicuramente importante e nel quale crediamo molto”, conclude il vice presidente di Haiki+ Flavio Raimondo.
(Flavio Raimondo è vice presidente di Cisambiente Confindustria)

DISCARICA DI BOSSARINO, IN PROVINCIA DI SAVONA