
C’è forte preoccupazione nel mondo industriale per l’aumento dei prezzi delle materie prime. Si tratta di un rincaro ampio e diffuso, come certificato dalla nota pubblicata dal Centro Studi Confindustria il 17 gennaio.
Il confronto di dicembre 2021 sui prezzi di fine 2019 vede il petrolio aumentare del 13%, il rame schizzare del 57% e il cotone del 58%. “Di recente – specifica la nota – si è aggiunta l’enorme impennata del gas naturale in Europa (+723%), che si è trasferita sul prezzo dell’energia elettrica in Italia, facendo lievitare i costi energetici delle imprese industriali: 37 miliardi previsti nel 2022, da 8 nel 2019”.
Si tratta di un livello insostenibile per le imprese italiane, che potrebbe portare alla chiusura di molte attività o alla loro temporanea sospensione come peraltro sta già accadendo in diverse parti del Paese.
“Il forte aumento dei costi per le imprese – si legge ancora nella nota – si è tradotto in una brusca compressione dei margini operativi, data la difficoltà di trasferire ai clienti i rincari delle commodity. La sofferenza dei margini è tendenzialmente maggiore nei settori più a valle, quelli che producono beni di consumo (per esempio, abbigliamento e mezzi di trasporto), che sono più vicini alla domanda finale ancora compressa; ma anche nei settori energivori (cemento e ceramica, metallurgia, legno e carta). L’assorbimento dei rincari nei margini delle imprese, fino al loro annullamento, spiega anche perché l’inflazione in Italia rimane più bassa che altrove”.
Cosa fare? Il Centro Studi Confindustria propone nell’immediato una serie di azioni, sia congiunturali che strutturali. Nello specifico, “si potrebbe intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali della bolletta elettrica e del gas naturale, aumentando il livello di esenzione per i settori della manifattura, in particolare i comparti energivori a rischio delocalizzazione; aumentare la produzione nazionale di gas naturale e riequilibrare, sul piano geopolitico, la struttura di approvvigionamento del Paese; promuovere una riforma del mercato elettrico, al fine di disaccoppiare la valorizzazione della crescente produzione di energia rinnovabile dal costo di produzione termoelettrica a gas”.
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