L’emergenza sanitaria legata all’epidemia del coronavirus sta mettendo in seria difficoltà anche l’economia. Mentre alcuni settori come il turismo hanno già accusato il colpo, per altri gli effetti potrebbero essere solo ritardati. Per questo motivo resta molto cauta Assomac, l’associazione nazionale dei costruttori di tecnologia per calzature, conceria, pelletteria, moda e automotive, reduce da un’importante fiera, la Simac Tanning Tech 2020, che dal 19 al 21 febbraio scorso ha riunito a Fiera Milano Rho 324 aziende espositrici provenienti da 25 paesi di tutto il mondo, valorizzando la contemporaneità con altre 3 fiere del settore, quali Lineapelle, Micam e Mipel.
“Di sicuro ci saranno delle ripercussioni sulle vendite anche se per il momento gli ordini ci sono. – spiega la presidente Gabriella Marchioni Bocca –. Al momento siamo bloccati su tutto ciò che riguarda l’assistenza fisica al cliente: installazioni e consegne dei macchinari. Le restrizioni poste agli italiani sui viaggi all’estero creano difficoltà di gestione”. In associazione, infatti, sono pervenute numerose segnalazioni di consegne saltate in alcuni paesi europei perché mancano trasportatori disposti a venire in Italia; d’altra parte si registrano difficoltà da parte degli associati a raggiungere gli stabilimenti produttivi all’estero.
“Rischiamo purtroppo di non poter beneficiare dei risultati della fiera, che ha registrato grande interesse e affluenza – spiega Marchioni Bocca – . Una parte del lavoro commerciale può proseguire in teleconferenza, il resto no”. L’imprenditrice stessa ha dovuto rinunciare a partecipare a una fiera in Brasile per il timore di essere messa in stand by forzato al rientro.
“Intendiamoci: è un problema di salute pubblica e c’è poco da fare – chiarisce – io stessa l’ho spiegato la scorsa settimana al Consiglio direttivo convocato per l’occasione. Ma sono dell’idea che il problema vada affrontato a livello globale. Altrimenti, una volta che l’Italia ne sarà uscita, toccherà a un altro paese e saremo al punto di partenza”.
Anche se è presto per parlarne, un grosso lavoro di ricucitura andrà fatto a livello di immagine: “Il nostro Paese ha investito molto sulla promozione dello stile italiano, sul concetto di saper fare. Bisognerà lavorare parecchio per ricostruire l’immagine delle nostre produzioni e insistere sulla completa affidabilità del prodotto italiano sotto tutti i profili”, aggiunge.
Secondo la presidente di Assomac, l’emergenza coronavirus ha messo alla prova anche il federalismo. “In Piemonte tutte le parti sociali sono state convocate dalla Regione, abbiamo subito ragionato come sistema. Non so se nelle altre regioni sia accaduto lo stesso”. Nel frattempo le prime misure emanate dal governo a sostegno delle imprese hanno fatto tirare un po’ il fiato, ma di certo non basta. “Prenda lo smartworking, per esempio. Va benissimo per tutti gli aspetti amministrativi e commerciali. Nella mia azienda (la Lamebo di Leini, in provincia di Torino, ndr) lo stiamo applicando, venendo incontro alle esigenze delle famiglie con bambini, ma nelle linee di produzione non si può fare. Chi deve stare a montare e assemblare pezzi non può portarsi il lavoro a casa”.
Gestire l’emergenza è quindi la priorità per un settore, quello delle macchine per conceria, pelletteria e calzature, che vive essenzialmente di export. I numeri parlano chiaro: l’80% del fatturato – quasi 700 milioni di euro – è destinato ai mercati esteri. “Nel mondo siamo considerati l’eccellenza, nessuno mette in dubbio la nostra leadership”. Questo risultato è frutto anche della grande attenzione che gli imprenditori hanno rivolto alla sostenibilità. “I nostri competitor – spiega la presidente di Assomac – non hanno la nostra stessa sensibilità e le grandi firme della moda così come i grandi nomi dell’automotive vengono da noi per questo motivo. Anzi, ci chiedono espressamente di costruire macchine sempre più sostenibili”.
Da questa committenza nasce quindi un grande sforzo di innovazione al quale sono chiamate le 135 piccole e medie imprese che compongono l’associazione. Il più delle volte l’innovazione nasce in azienda, in altri casi le imprese si appoggiano a università e centri di ricerca. Ed è così che nel settore della conceria, noto per l’elevato consumo di acqua e di prodotti chimici, la tendenza si è invertita, molti processi sono stati ottimizzati e sempre più speso si fa uso di acqua “riciclata”. O ancora, oggi nuovi macchinari a compressione eliminano l’umidità dalle pelli che sono state trattate senza inficiarne l’elasticità e senza bisogno di asciugarle all’aperto. “Per migliorare si individuano i punti deboli di ciascuna fase e si interviene. In questo modo negli anni abbiamo ridotto il consumo di acqua, quello di energia elettrica e le emissioni di Co2”, spiega ancora la presidente.
La prova concreta dell’impegno dell’associazione in fatto di sostenibilità si trova anche in un’iniziativa lanciata tre anni fa: è la Targa Verde, uno strumento di certificazione volontaria che specifica le performance energetiche e ambientali dei macchinari in fatto di emissioni di gas serra. “Non è un’autocertificazione – sottolinea Marchioni Bocca – bensì un documento rilasciato da un ente terzo, il Rina. Oggi le aziende certificate sono 45 ed è bello vedere come in questi anni il loro numero sia cresciuto”. A questa iniziativa si somma anche l’acquisto di una foresta di 500 alberi in Madagascar attraverso la piattaforma Treedom; piante che sono state donate agli associati e a tutti i componenti della filiera in occasione della fiera di febbraio. “L’iniziativa è piaciuta moltissimo – racconta l’imprenditrice -. Un piccolo gesto per dimostrare come basti poco per fare qualcosa di concreto per l’ambiente”.
Accanto all’impegno per la sostenibilità c’è anche quello per l’ammodernamento del settore. Con il piano Industria 4.0, ad esempio, diversi imprenditori hanno cambiato i macchinari. “Iper e superammortamento hanno soddisfatto parecchi associati, così come i loro clienti, che hanno potuto usufruire di tecnologie più moderne e prestanti. Le stampanti in 3D per esempio sono funzionali a tutta l’attività di modellistica”.
L’evoluzione tecnologica chiama inevitabilmente in causa il tema della formazione. Su questo fronte la presidente di Assomac lancia un appello: “Oggi in Italia non mancano le competenze tecniche per fare una scarpa. Quelle per fortuna ci sono ancora e molte scuole stanno nascendo per mantenere queste abilità. Abbiamo bisogno, invece, di persone esperte in meccatronica, come tutta l’industria meccanica. Ma non solo, serve anche la predisposizione a viaggiare, tenendo presente che spesso si lavora in paesi complessi”.
Dal suo punto di osservazione la presidente di Assomac tiene a evidenziare anche un altro fenomeno, quello del reshoring: “Molte aziende di nostri clienti stanno rientrando in Europa dalla Cina, soprattutto nel calzaturiero. Le lavorazioni si spostano in Romania, Polonia e Portogallo e nei paesi del Nord Africa come Tunisia e Marocco”. E in Italia nulla? “Qualcosa, ma nel nostro Paese, fra tasse e burocrazia, non ci sono condizioni invitanti. L’attenzione all’industria è limitata. Da imprenditrice la sensazione è che in Italia le imprese siano semplicemente ‘tollerate’”.