Il Forum di Napoli al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa è stato un grande successo: tanti imprenditori, confronti interessanti e molte idee da mettere in pratica. È stato anche il momento per una riflessione su una questione che pare dimenticata, o comunque accantonata, ma che a nostro avviso resta invece centrale: il gap competitivo tra Nord e Sud.
Tutti i parametri registrano differenze molto profonde. Qualche esempio nell’ambito delle infrastrutture: un sistema ferroviario di Alta velocità che si ferma a Salerno, una rete stradale insufficiente nel collegare l’Adriatico con il Tirreno, aeroporti non adeguati, in alcuni casi, al flusso turistico da sostenere. Se a questo aggiungiamo l’ancora ingente flusso universitario degli studenti del sud verso le università del nord, il dato quasi “nascosto” dai media relativo a un calo delle nascite ancora più rilevante che al nord, credo che la questione vada affrontata con decisione.
Ancora una volta la storia insegna: la prima cosa che la Germania ha fatto dopo la caduta del muro di Berlino è stato sostenere lo sviluppo dell’economia della Germania dell’est, una economia povera che andava il più possibile avvicinata a quella ricca dell’ovest. Lungi da me il ripensare a sostegni improduttivi come la Cassa del Mezzogiorno; credo tuttavia che le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza debbano andare proprio a ridurre il gap competitivo tra Nord e Sud.
Temo purtroppo che gli obiettivi non saranno raggiunti. I dati sulla capacità degli enti pubblici del sud di progettare, presentare e rendere operativi nei tempi stabiliti tutti i progetti necessari sono sconfortanti: un’indagine del Sole 24 Ore di qualche mese fa riportava che la percentuale di conoscenza della lingua inglese da parte dei dirigenti pubblici al sud era del 2,8%. Ci rendiamo bene conto, pertanto, di come la vita delle imprese non sia sicuramente facile e un plauso va agli imprenditori del sud, che lavorano in un contesto particolarmente ostico.
A Napoli il tema centrale è stato la fortissima accelerazione al cambiamento che la doppia transizione, ecologica e digitale, e le conseguenti scelte europee impongono ai nostri stili di vita. Cambieranno i nostri consumi e le aziende, che producono beni e servizi, stanno già registrando profondi mutamenti. Per questo motivo, ora più che mai fare impresa significa capire prima e meglio degli altri dove andranno i mercati; al di là delle normative che verranno, sono sicura che le imprese italiane lo sapranno fare.
Infine, maggio. Tempo di assemblea e di cambi al vertice. Molte, difficili e importanti sfide attendono il nuovo presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Saremo al suo fianco per affrontarle e vincerle insieme.
(Editoriale pubblicato sul numero di maggio de “L’Imprenditore”)