

ANDREA BAIRATI
Il mondo cambia ogni cento metri, ha scritto Roberto Bolaño. In Italia forse muta con ancora maggiore frequenza ed è perciò difficile da rappresentare, anzi spesso riserva sorprese agli stessi addetti ai lavori. Il viaggio nell’Italia che innova è nato proprio dalla voglia di raccontare le mille sfumature dei nostri produttori, i makers, l’industria e l’economia reale. Dal desiderio di rispondere alla domanda che molti si pongono, se cioè siamo ancora dei leader industriali o se nel gioco globale della tecnologia e dell’innovazione siamo solo dei bravi combinatori di oggetti e soluzioni già esistenti?
A queste domande la statistica dà indicazioni generalmente di impronta pessimistica e per lo più ci dipinge come follower brillanti. Su un altro versante si sostiene con convinzione e argomenti che la creatività è “il nostro dna” e che possiamo contare ancora su una sorta di monopolio inaccessibile della qualità e del gusto, frutto della nostra storia millenaria. Tuttavia nessuna risposta appare convincente fino in fondo, senza andare a verificare sul campo.
Certo è che, ovunque, i paesi concentrano i propri sforzi per formare e attrarre talento e creatività. Chi non li ha avuti in dono come noi li ricerca spasmodicamente. Ogni territorio del pianeta, nella selva affollata della comunicazione globale, cerca di distinguersi. Lo fa esponendo ciò che ha di meglio a disposizione, nella speranza di portare qualche tecnologo o ricercatore di genio in più a casa propria. “Land of ideas”, dice la Germania, “New way of thinking” rilancia la Svezia, “Creative Denmark”, “The skills lab of central Europe” per la Repubblica Ceca, “Look at innovation, look at Catalunia”, “Knowledge is our nature” in Irlanda, “Made in Estonia 3.0” e altro ancora.
I territori competono per fare in modo che i giovani di migliore talento mettano radici dalle loro parti. Se la qualità intellettuale prende casa nella tua città, tutti dovranno sforzarsi di produrre beni e servizi migliori di prima, all’altezza dei nuovi cittadini creativi, crescerà l’occupazione di qualità. Attrarre, formare, coccolare e sostenere i talenti e gli innovatori è insomma la scommessa degli amministratori del mondo globale.
Prima di partire abbiamo guardato i dati di confronto tra noi, i leader e gli emergenti e abbiamo cercato tra i dati delle mille differenze e qualità italiane. Abbiamo osservato le statistiche sulle pubblicazioni dei nostri ricercatori. Il nostro portafoglio di idee, imprese e ricerca in molti campi è confrontabile, anzi molto spesso vinciamo noi. Sappiamo bene che il rapporto tra investimenti in ricerca e pil non ci avvantaggia e certamente le variabili ambientali a contorno degli innovatori italiani non sono sempre favorevoli e adeguate, sappiamo anche questo. La qualità però è straordinaria.
Perciò viene spontaneo chiedersi, visto il nostro potenziale, se cambiassimo qualche condizione a contorno del nostro genio, se lo istruissimo e coltivassimo con metodo, se provassimo a mettere ordine e razionalità nei processi, cominciando da un ambiente favorevole agli innovatori, cosa saremmo capaci di generare?
Prima a Bologna e poi a Bari, oggi nel Triveneto abbiamo cercato storie e qualche indicatore che ci orientasse rispetto alle domande che ci siamo fatti prima di partire. Il taccuino di viaggio ha riportato a casa storie straordinarie d’imprenditori e di imprese, il sapore intenso che nasce dal rapporto tra impresa, territorio e culture locali spesso alla base di modelli di business straordinari, sempre comunque portatore di originalità nel prodotto e nel modo di intendere l’impresa.
Abbiamo osservato e ascoltato l’approccio della via Emilia, delle polarità tecnologiche e dell’innovazione, dove negli imprenditori si avverte un forte senso delle istituzioni e la richiesta di una collaborazione salda tra impresa e pubblica amministrazione.
A Bari la voglia di scattare fuori dalle aree di convergenza per agganciarsi ai processi di crescita delle zone d’Europa più sviluppate si è percepita fortissima, insieme ad uno straordinario radicamento e affetto per la propria regione e alla preoccupazione di perdere ogni giorno tanto talento giovanile che va ad alimentare qualcun altro. Abbiamo sentito decine di casi e portato a bordo tanti imprenditori meno noti e di grande potenziale.
A Bari come a Bologna e crediamo anche nel Nord-Est abbiamo capito che se ci si affida al caso e alla creatività spontanea si cresce poco e non come si potrebbe. Ciò che conta di più sono le condizioni che abilitano o al contrario sterilizzano il talento e la capacità creativa. L’innovazione diventa una leva vantaggiosa per rispondere ai nuovi bisogni se la sua forza ha la meglio sulle condizioni di resistenza e di conservazione che ha intorno. Se queste prevalgono, la leva diventa indifferente o peggio svantaggiosa.
Noi disponiamo di condizioni meravigliose e uniche e al contempo viviamo in una società complessivamente conservatrice. Se si conta solo sulle eccezionalità e le qualità naturali la leva inevitabilmente si riduce. Se facciamo conto solo sui valori occasionali che qua e là nascono sempre, le eccellenze di cui orgogliosamente ci vantiamo faticano a scaricare la loro forza creativa.
Abbiamo compreso bene dalla voce degli imprenditori che il mondo si pone obiettivi ambiziosi, coltiva con metodo l’innovazione, ne misura gli effetti, corregge gli errori e conseguentemente ottiene ciò che ha pianificato con cura. Cerca la competizione sul nostro terreno: creatività, qualità e unicità.
Siamo ancora raccoglitori di innovazione, di ciò che spunta spontaneamente dalla nostra meravigliosa terra.
Tra coltivare con metodo e raccogliere il frutto spontaneo, scegliamo ancora la seconda strada. Ovviamente perdiamo energia per strada, anche quando possiamo contare su un certo vantaggio competitivo. La nostra forza innovativa individualista può dare un contributo di ben altro livello alla crescita. A condizione che superiamo qualche limite per rendere meno stagionale la produzione del talento e dell’innovazione.
La qualità c’è, ciò che ci manca, è l’ingegneria dei processi e la costante applicazione, la paziente e metodica messa in esecuzione di quanto progettato in modo brillante.