Dopo due anni di espansione costante, nel 2019 a Reggio Emilia l’industria ha segnato il passo e, visto che i dati sono stati rilevati quando ancora non c’era traccia dell’epidemia da coronavirus, i primi mesi del 2020 potrebbero riservare notizie ancora peggiori. L’indagine di Unindustria Reggio Emilia sul quarto trimestre dell’anno passato evidenzia una flessione significativa dei livelli produttivi, confermando i segnali di rallentamento della produzione industriale reggiana già emersi nel periodo luglio-settembre e decretando così 12 mesi in negativo.
Una situazione, quella reggiana, coerente con quella nazionale rilevata dall’Istat. Gli ordini sono in flessione per oltre il 45% delle imprese, per quasi il 35% sono in aumento e per quasi il 20% sono stazionari. Anche gli ordinativi dall’estero sono in linea: il 42,5% ha dichiarato un calo, il 30% un aumento e il 27,5% stabilità. L’occupazione risente ancora della situazione di stagnazione.
Guardando all’inizio del 2020, a gennaio la produzione ha registrato una contrazione del -2,3%, mentre le previsioni sull’export sono improntate a una sostanziale stabilità. “Il commercio mondiale chiude il 2019 in negativo per la prima volta dopo 10 anni. La crisi dell’industria in Germania, Paese tradizionalmente legato a Reggio Emilia per un’importante quota di export – commenta Mauro Macchiaverna, vicepresidente di Unindustria Reggio Emilia – sommata alla debolezza degli investimenti e al difficile e incerto scenario internazionale, destano molta preoccupazione”.
Questi dati poi, ricorda Macchiaverna, sono stati rilevati a inizio gennaio e non tengono ancora conto dell’effetto dirompente che il coronavirus sta avendo sull’economia globale, a causa della riduzione dei rapporti economici con la Cina, e su quella italiana, in particolare dopo l’esplosione dell’epidemia nel Nord del Paese, che mette gravemente a rischio la ripartenza dell’economia nel 2020.
“È importante che il Governo adotti tutti gli strumenti di politica industriale necessari a rilanciare la crescita. Purtroppo – conclude il vicepresidente – finora questi temi non sono stati al centro dell’agenda politica e manca una visione di medio periodo sulle priorità. L’industria, motore del Paese, ha bisogno di misure che stimolino la crescita dell’economia e del lavoro. Servono un sostegno strutturale alla trasformazione digitale e alla ricerca e sviluppo e un taglio concreto e deciso al cuneo fiscale per stimolare la domanda interna”.