
Commercio, ordine globale e sicurezza sono le preoccupazioni principali dell’Europa nel suo rapporto con gli Stati Uniti. I temi sono emersi nel panel dal titolo “Trump 2.0 and global governance: implications for Europe”, organizzato il 13 gennaio a Bruxelles dal think tank Centre for European Policy Studies (Ceps).
Olivier Bailly, vice-direttore generale e direttore per le Questioni globali al Servizio europeo per l’azione esterna, SEAE, Clara Weinhardt, assistente alla cattedra di Relazioni Internazionali all’Università di Maastricht, e Katja Biedenkopf, docente di Politiche di Sostenibilità all’Università Ku Leuven, hanno discusso mettendo in evidenza le sfide poste dalla nuova direzione Trump in fatto di geopolitica, governance globale, ordine liberale e obiettivi ambientali, sottolineando come la cooperazione tra istituzioni internazionali risulti fondamentale nell’affrontarle.
Il vice-direttore del SEAE, Bailly, ha espresso timori in merito alla strategia di destabilizzazione dell’ordine internazionale di Trump, che potrebbe ripetere tattiche già attuate in passato, quali il trattenimento di fondi, il ritiro degli Usa dai trattati internazionali, come l’Accordo sul clima di Parigi, le critiche al sistema globale e l’opposizione a nomine “scomode” in posizioni strategiche, come nel caso dei giudici del Wto).
Bruxelles, ha rimarcato Bailly, dovrebbe guardare con attenzione agli equilibri di potere del triangolo Stati Uniti – Cina – Unione europea, nel tentativo di evitare che dissidi tra le prime due, specialmente per quanto riguarda la paventata imposizione di dazi Usa al 60% sulle merci cinesi, si ripercuotano sulle relazioni sino-europee. Secondo il funzionario del SEAE, sarà dunque necessario scongiurare un’ulteriore divisione interna dell’Ue.
Focus della professoressa Weinhardt è stato invece l’impatto del nuovo mandato Trump sull’Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto). Weinhardt ha messo in luce la contrarietà del presidente-eletto all’uso di incentivi statali contrari alle regole dell’organizzazione, con chiaro riferimento al caso cinese. Finché tali pratiche non verranno modificate non ci si può aspettare alcuna riforma significativa del Wto. Ciò non toglie, però, che gli Stati Uniti non possano affrontare il problema con soluzioni alternative al di fuori del Wto. Nonostante i passi avanti dell’organizzazione in alcuni ambiti – come quello climatico –, fatti grazie a conversazioni informali nel corso dell’ultimo anno, ciò che si teme è un ritorno alla “logica del più forte” che soverchi il sistema multilaterale. Weinhardt ha fatto notare che i nuovi dazi statunitensi e il rinnovato spirito protezionistico dell’America di Trump andrebbero proprio in questa direzione.
Ad affrontare il tema della politica climatica dell’amministrazione Trump è stata invece Katja Biedenkopf, che ha posto l’accento sul probabile ritiro Usa dagli Accordi di Parigi. Già abbandonati una prima volta da Trump nel 2019, ora, a seguito della ri-adesione voluta da Biden, il nuovo presidente potrebbe fare un nuovo dietrofront. A ciò si aggiunge l’intenzione di sfruttare petrolio e gas per rendere gli Stati Uniti non solo energeticamente indipendenti ma, più probabilmente, energicamente dominanti.
Per quanto riguarda la governance internazionale sul clima, Biedenkopf ha calcato sul fatto che senza il supporto degli Stati Uniti, gli obiettivi climatici globali diventano difficili da raggiungere. Inoltre, se gli Stati Uniti dovessero aumentare l’utilizzo di combustibili fossili, la Cina potrebbe modificare i suoi parametri in risposta.
Nello scenario così delineato, secondo l’accademica, l’Unione europea dovrebbe prepararsi ad assumere un ruolo di leadership internazionale che possa riempire i vuoti lasciati dalla nuova amministrazione repubblicana, evitando di correre dietro agli Stati Uniti nel tentativo di guadagnarsene l’approvazione, e preferendo piuttosto un approccio coeso e unitario.
(Gli autori fanno parte della Delegazione di Confindustria presso l’Ue)