Lasciamole al dopo: polemiche, accuse, ricerca di colpe o responsabilità. Lasciamole al dopo, a quando saremo usciti da questa tremenda realtà. Sì, perché purtroppo non stiamo vivendo un bruttissimo sogno, ma siamo immersi in “uno shock esogeno temporaneo, dalla durata imprevedibile”, per usare le parole di Stefano Manzocchi, direttore del Centro studi Confindustria, nell’intervista ospitata in questo numero.
Un numero dell’Imprenditore che non poteva che aprire sulla pandemia da coronavirus, il virus che in un solo mese ha cambiato l’Italia e il mondo, facendoci piombare in un contesto socio-economico che va molto oltre una vera e propria economia di guerra.
Per velocità e vastità di diffusione (come puntualmente ricostruito nella cronistoria di Morena Pivetti), questa pandemia supera qualsiasi guerra, comprese quelle mondiali: mai, a memoria d’uomo, si ricorda un fenomeno dal quale nessun Paese al mondo non fosse coinvolto, dal quale nessun settore non fosse colpito. Non è mai accaduto qualcosa che obbligasse ad un “coprifuoco” che durasse l’intera giornata, per settimane e mesi. Non è mai successo che i “caduti”, compresi i medici, gli infermieri e i volontari, non potessero avere il conforto dei propri cari nella degenza o negli ultimi momenti di vita.
In questo contesto le nostre comunità aziendali si sentono disorientate, spaventate e preoccupate per le famiglie e per il futuro dei figli; gli uni cercano negli altri i riferimenti che, insieme alle abitudini quotidiane, sentono di perdere. Ma, con esemplare coraggio e dignitosa fiducia, guardano avanti. Mai la distanza imposta dalle prudenti regole ha determinato tanta unione!
Ed è proprio l’eccezionalità di questa nuova condizione che ci fa riflettere sulla necessità – direi indispensabilità – di essere uniti; e la ricerca di un’unità di intenti, comportamenti e azioni ispirati ad un forte e profondo senso di condivisione fa indignare i più di fronte alla divisività inopportuna e dannosa alimentata da una irresponsabile minoranza. Serve unità nella gestione dell’emergenza, per operare le scelte migliori prevenendo strumentalizzazioni, tensioni e scontri; serve unità per uscire il prima possibile da questo incubo; serve unità per iniziare a lavorare su un piano nazionale che ridisegni le filiere, accorciandole, e programmare così le priorità del dopo.
Serve unità per tornare a popolare le nostre strade, le nostre piazze, le nostre città, oggi affollate soltanto di tanta speranza.
Editoriale pubblicato sul numero di aprile dell’Imprenditore