
GIAN LUIGI ZAINA
Prima la pandemia e successivamente la guerra in Ucraina hanno mostrato una serie ampia e diversificata di debolezze e limiti del modello di globalizzazione degli scambi che era andato velocemente espandendosi almeno a partire dall’accordo di Marrakech del 1994 con la costituzione dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) e ulteriormente spinto dall’ingresso della Cina nello stesso Wto a partire dal 2001.
Le vulnerabilità emerse col dispiegarsi di questi due eventi si sono innestate in un quadro che già registrava qualche appannamento e incrinatura del modello di crescita post-Guerra fredda. Tra gli altri: lo shock finanziario della crisi del 2008; la crescente disuguaglianza sociale e i suoi effetti anche in termini di stabilità politica; l’intensificarsi delle crisi ambientali per una crisi climatica in accelerazione; i rischi per la sicurezza nazionale connessi alla perdita di controllo su tecnologie-chiave.
Non è passato molto tempo perché anche politica, governi e istituzioni, da Washington a Bruxelles, cominciassero a elaborare nuove linee di indirizzo e relative policy: pensiamo al discorso del segretario al tesoro dell’amministrazione Biden, Janet Yellen, sul “friend-shoring” della primavera del 2022 o a quello della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sul “de-risking” all’ultima riunione del G7 la primavera di quest’anno, subito ripreso dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan. E naturalmente pensiamo a decisioni di grande rilievo, anche per le dimensioni finanziarie implicate, come il Next Generation EU o l’Inflation Reduction Act (Ira).
A fronte della crescente incertezza e instabilità del contesto entro cui si svolgono gli scambi, uno dei punti senz’altro più rilevanti emersi tanto dall’azione concreta delle imprese, quanto dagli indirizzi via via prodotti a livello politico e istituzionale, è la generazione di maggiore resilienza delle catene di fornitura. Come Piccola Industria di Confindustria ci siamo dati il compito di provare a seguire con tempestività l’evoluzione e la riconfigurazione delle catene di fornitura nella convinzione che possano rappresentare una grande opportunità per tante delle imprese italiane. Ci siamo dati un orizzonte triennale e abbiamo scelto un approccio il più possibile concreto. Con tre appuntamenti – uno all’anno – in tre città italiane, vorremmo ascoltare dalla viva voce dei massimi responsabili degli acquisti di grandi capi-filiera come stanno cambiando le policy d’acquisto. Lo faremo, di volta in volta, invitando tre grandi aziende appartenenti a tre settori diversi, rilevanti per le esportazioni BtoB italiane dal punto di vista dei volumi o per le prospettive di sviluppo.
Partiremo il 7 settembre a Bologna nell’ambito della decima edizione di “Farete”, l’evento organizzato da Confindustria Emilia. E cominceremo dal principale partner commerciale dell’Italia, la Germania. Quella tedesca è infatti di gran lunga l’economia di sbocco più importante per le imprese esportatrici italiane, con un livello di integrazione altissimo, anche in termini finanziari. Con l’economia tedesca condividiamo tanto la vocazione esportatrice, quanto quella manifatturiera. E condividiamo anche le debolezze che hanno mostrato la nostra vulnerabilità in occasione dell’impennata dei prezzi energetici seguita alla riduzione di importazione di gas naturale dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Siderurgia, macchinari, chimico-farmaceutico, mezzi di trasporto sono – senza molte sorprese – i settori di maggiore esportazione dell’Italia verso la Germania. Ma transizione ambientale ed energetica, transizione digitale e sovranità tecnologica, rinnovate esigenze di difesa e sicurezza nazionale, necessità di ridurre le dipendenze sul fronte delle materie prime critiche rappresentano ambiti di possibile crescita e di sviluppo di nuove filiere. Proveremo a capire, anche grazie alla collaborazione con AHL Italien – Camera di Commercio Italo-Germanica, quali spazi si aprono per gli scambi tra le Pmi italiane e i partner tedeschi.
Il prossimo anno, anche sulla scorta dell’esperienza che avrà accumulato il nuovo ufficio di Confindustria a Washington, cercheremo di capire tendenze e orientamenti nelle policy di acquisto delle imprese americane. Chiuderemo, infine, il ciclo con il terzo partner commerciale dell’Italia, la Francia. Appuntamento dunque a Bologna.
(Articolo pubblicato sul numero di luglio dell’Imprenditore)