
Se dovessi trovare un sostantivo per definire questo periodo, e il 2025 in particolare, la parola ideale sarebbe confusione.
Le questioni da affrontare sono sempre in divenire, è vero, ma quest’anno hanno fatto la loro comparsa temi mai sperimentati prima e di pari passo è cresciuto il dibattito su possibili soluzioni. Uno su tutti, per fare un esempio, è il tema della sicurezza, che l’Europa percepisce in modo differente visto il perdurare della guerra in Ucraina.
Ci sono le condizioni per una difesa comune finanziata da ogni paese membro? Con quali ricadute economiche sui bilanci nazionali? E, domanda non da poco, con quali alleati strategici visto che la Nato a trazione americana sembra essere definitivamente tramontata?
Parlando di politica commerciale, anche gli annunciati dazi americani al momento in cui scriviamo rimangono in sospensione di giudizio non essendo ancora perfettamente chiaro che cosa accadrà. L’unico risultato certo delle ultime settimane è l’esito delle elezioni canadesi, completamente ribaltato rispetto ai pronostici per effetto degli annunci del presidente Trump.
C’è confusione anche sulla questione energetica, particolarmente spinosa per le Pmi italiane: quali azioni l’Europa, e il nostro Paese nello specifico, possono mettere in campo? A quali costi e con quali tempi?
Sottotraccia ci permettiamo di ricordare un ulteriore tema, a nostro avviso non affrontato a sufficienza nel dibattito pubblico ma di grande rilievo perché riguarda il futuro delle filiere produttive italiane in settori a grande rischio. Parliamo non soltanto dell’automotive, ma anche dell’agroalimentare, della chimica, della moda e del lusso, che stanno vivendo una rivoluzione silente all’insegna di una politica per la sostenibilità non supportata dai costi finali al consumatore. Eppure, molti posti di lavoro stanno all’interno di quelle filiere. Il loro futuro è un tema caro a tutto il sistema confindustriale, occorre mettere in campo proposte operative che ne garantiscano il futuro.
Fra i nodi mai sciolti, uno in particolare viene richiamato alla fine della bella intervista al nostro presidente Emanuele Orsini, ad un anno dalla sua elezione: il ricambio generazionale, che nei prossimi cinque anni riguarderà moltissime piccole e medie imprese. Il patrimonio tecnico e di conoscenza è molto elevato; non è chiaro, invece, il metodo con cui tramandare questi valori e le persone alle quali li trasmetteremo, visto che solo uno studente su dieci ha intenzione di entrare nell’azienda di famiglia (fonte LIUC – Università Cattaneo). Al nostro presidente, a Confindustria, a tutti noi il compito non facile di provare a trovare soluzioni.
(Articolo pubblicato sul numero di maggio dell’Imprenditore)