
Una doverosa precisazione prima di entrare nel merito. L’espressione smart working è entrata a far parte del linguaggio corrente anche se ne viene fatto un utilizzo improprio dal momento che evoca una situazione in cui uno decide quando, dove e come lavorare. Nessuna di queste condizioni si è realizzata allorquando, a causa della pandemia Covid-19, siamo stati costretti ad adottare, laddove possibile, questa modalità di lavoro né tanto meno, dopo il superamento dell’emergenza, possiamo concludere che queste condizioni di scelta delle modalità del lavoro possano considerarsi alla portata di tutti.
Non si tratta di una capziosa dissertazione lessicale ma di definire il perimetro, volendo evitare di addentrarsi in tutte le espressioni che sono state coniate non solo per definire le diverse, ulteriori modalità di lavoro ma anche il relativo status degli addetti sino a delineare “etnie” particolari, come per esempio quella dei “nomadi digitali”.
Da soluzione forzata, il lavoro a distanza o – se si preferisce utilizzare in forma più appropriata l’inglese – il remote working ha conosciuto, dopo il superamento dell’emergenza, uno sviluppo crescente. Se prima era una modalità di lavoro sperimentata principalmente nella media e grande azienda, successivamente si è sviluppato anche nelle imprese di minori dimensioni e è oggi un tema ampiamente dibattuto.
Cercheremo di condividere alcune riflessioni che derivano dall’esperienza diretta maturata con le aziende clienti, limitandoci a quelli che a nostro avviso sono i problemi registrati a livello degli imprenditori, dei manager, dei collaboratori, senza entrare nel merito (anche per oggettive esigenze di spazio) delle implicazioni economiche, sociali, geografiche, urbanistiche, di traffico, di costume, riferibili all’adozione di queste nuove modalità di lavoro.
UNA SITUAZIONE FRASTAGLIATA
Possiamo sicuramente affermare che oggi il modello di lavoro in presenza (on site) e quello in remoto (remote) coesistono, anche se in percentuali diverse che non sono riferibili soltanto alle dimensioni aziendali ma – è bene ricordarlo per evitare facili generalizzazioni e stereotipi – anche al settore e al segmento di attività dell’impresa, alla tipologia del lavoro, al contesto nel quale opera l’impresa (Nord-Centro-Sud), al genere e alla generazione di appartenenza delle persone coinvolte.
Non bisogna dimenticare, infatti, che in molte imprese convivono e operano quattro generazioni diverse: baby boomer (1946-1964), Gen X (1965-1979), Millennials (1980-1996), Gen Z (> 1997), con background, approcci al lavoro ed esigenze non solo diverse ma anche variabili nel tempo, in funzione delle necessità personali e familiari.
Anziché limitarci ai risultati delle ricerche e alle percentuali, che hanno un tasso di obsolescenza molto elevato, riteniamo utile sottolineare, sulla base delle nostre esperienze, come oggi la flessibilizzazione delle modalità di lavoro sia una soluzione positiva non solo per le persone ma anche per le imprese.
Per sopperire alla difficoltà di reperire risorse adeguate, in alcune aziende, non solo del settore digitale ma anche di quello farmaceutico e della ricerca, di quello dei servizi e delle comunicazioni, tanto per citarne alcuni, si sta facendo ricorso al remote working per assicurarsi la disponibilità e il contributo di risorse che vivono non solo in altre regioni di Italia ma anche all’estero.
Tuttavia il contesto non può considerarsi univoco perché ci sono anche realtà aziendali e organizzazioni nelle quali si sta cercando di ripristinare lo status quo ante, imponendo il ritorno in ufficio con il rischio di perdere risorse (vedasi il livello di turnover), di non essere attrattivi per i talenti, di imporre soluzioni che influiscono negativamente sull’engagement delle risorse e favoriscono il burnout.
Non è un caso che il recente “State of global workplace 2025 Report” organizzato dalla Gallup abbia registrato una flessione nei vari paesi, e l’Italia non fa eccezione, per quel che riguarda la percentuale di engagement delle risorse. Anzi, nel corso di questo primo semestre del 2025, questa flessione si è per la seconda volta, dopo il Covid 19, accentuata.
DA DOVE NASCE LA RESISTENZA AL NUOVO
Abbiamo avuto l’opportunità di verificare e di analizzare in alcuni recenti interventi nelle aziende, le ragioni che sono alla base di questa malcelata avversione verso quello che ormai viene definito come hybrid model, a sottolineare la coesistenza di on site e di remote working. Resiste ancora una cultura della gestione del lavoro tayloristica, orientata al controllo anziché alla verifica dei risultati, alla verifica di dove (where) le persone lavorano anziché su come (how) le persone lavorano, al tempo speso fisicamente in ufficio anziché alla gestione dei processi e alla qualità dei risultati.
Il riconoscimento del remote working è ancora percepito come una concessione in un’ottica di welfare anziché come un’opportunità, come il risultato di una generale revisione dell’organizzazione del lavoro e dei processi.
Non c’è solo una generica resistenza al cambiamento, ma una difficoltà oggettiva ad accettare e gestire la dimensione smaterializzata dell’azienda, che richiede di aggiornare e sviluppare quanto realizzato in termini di collaborazione, di connettività, di innovazione, di mentorship, di sviluppo delle competenze.
Il ricorso a questi fattori chiave nella gestione delle risorse non può essere identico ma varia in funzione della tipologia organizzativa adottata. Si pensi per esempio all’innovazione: un conto è gestire un team in presenza con la possibilità di un’interazione continua che permette di condividere la sperimentazione, il confronto, la ricerca, un conto è gestire un team in remoto che richiede, in mancanza di un’interazione diretta, di assicurare trasparenza, di mantenere un elevato livello di fiducia.
UN MODELLO PIÙ FATICOSO MA CHE VALORIZZA LE PERSONE
Indubbiamente l’hybrid model è più impegnativo e questo spiega la malcelata ritrosia che spesso abbiamo avvertito nelle realtà nelle quali operiamo, senza dimenticare l’impatto crescente determinato dall’utilizzo dell’IA generativa e le implicazioni in termini di organizzazione del lavoro. Stiamo vivendo in una fase evolutiva dagli sviluppi imprevedibili per affrontare la quale occorre sviluppare nelle aziende e nei contesti lavorativi la collaborazione. Ma la collaborazione non si improvvisa, né può essere imposta top down, è frutto in realtà di un investimento nella cultura organizzativa.
È necessario generare fiducia che facilita l’adesione alla missione dell’azienda, adesione che a sua volta alimenta l’engagement che alimenta la collaborazione.
Non è un itinerario impossibile se solo si fa dell’employees centricity non uno slogan di maniera ma una strategia al pari della customers centricity, se solo si guarda alle persone non come costi ma come autentiche risorse.
Se è vero quanto affermava Jack Welch che “nessuna azienda può garantire il posto di lavoro, solo il cliente può”, è anche vero che sono le persone dell’azienda che devono essere tutte indirizzate a creare valore per il cliente.
(Articolo pubblicato sul numero di luglio dell’Imprenditore)
Nota sull’autore
ANTONIO ANGIONI
Laureato con lode in giurisprudenza a Pisa, dopo aver conseguito l’Mba inizia a lavorare in Teksid (Fiat) per proseguire in Confindustria, presso l’Associazione Industriali di Firenze. Successivamente assume la direzione Risorse umane e delle Relazioni esterne di Duracell in Italia, con incarichi che lo portano a ricoprire crescenti responsabilità sia in Europa che negli Stati Uniti.
Rientrato in Italia diventa direttore delle Risorse umane e dei Servizi giuridici del Gruppo Air Liquide Italia e quindi direttore generale di Right Management. In seguito, assume l’incarico di direttore Organization and talent del Gruppo Manpower Italia.
Nel 2017 fonda con un socio la Poliedros Consulting, società di consulenza di direzione. È autore di numerose pubblicazioni nel campo del management, con particolare interesse per i temi di change management, leadership e comunicazione. È membro dell’Harvard Business review Advisory Council e del Comitato scientifico dell’Ucid.