Gli ostacoli normativi e gli oneri amministrativi sono al primo posto tra i problemi delle Pmi in Europa, con il 64% degli intervistati che li identifica come un’area che pone problemi alla propria Pmi, un dato confermato anche dalle imprese italiane. A dirlo è il sondaggio Eurobarometro “Startup, scale-up e imprenditoria”, pubblicato questo mese dalla Commissione europea, dopo aver raccolto le opinioni di oltre 17mila aziende, di cui quasi 13mila nell’Ue-27 (di queste, il 5% è stato identificato come startup e il 18% come scale-up).
L’indagine mette in evidenza la forte ambizione delle piccole e medie imprese e le sfide persistenti alla loro crescita, con la complessità normativa al primo posto, seguita dai ritardi nei pagamenti, scelti dal 39% degli intervistati, e l’accesso ai finanziamenti, citato dal 27%.
Nonostante ciò, le prospettive di crescita a livello europeo restano positive, con quasi la metà delle Pmi che ha registrato un aumento del fatturato e dell’occupazione dal 2021. Malgrado persistano ostacoli all’espansione transfrontaliera, i più importanti dei quali sono le norme fiscali/Iva e i permessi, l’indagine mostra un panorama europeo della piccola imprenditoria resiliente e lungimirante, con un significativo potenziale non sfruttato.
Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese si differenzia dalla media europea per una maggiore preoccupazione legata al prezzo dell’energia, più difficoltà a superare le barriere culturali, minore programmazione e un certo ritardo nell’adozione delle tecnologie digitali.
Ecco a seguire una panoramica delle maggiori preoccupazioni.
LE PRINCIPALI SFIDE DELLE PMI: ONERI E RITARDI NEI PAGAMENTI
Secondo il sondaggio, il principale ostacolo segnalato dalle Pmi italiane è rappresentato dagli oneri amministrativi e normativi, indicato dal 69% delle imprese, in linea ma leggermente sopra la media Ue (64%).
I ritardi nei pagamenti sono una sfida molto più sentita in Italia (55%) rispetto alla media europea (39%), evidenziando un problema strutturale ricorrente. L’accesso ai finanziamenti è percepito come ostacolo da circa un quarto delle Pmi sia in Italia (26%) sia a livello Ue (27%), segnalando una criticità diffusa ma non particolarmente accentuata in Italia.
IL PREZZO DELL’ENERGIA È IL MAGGIORE OSTACOLO ALLA CRESCITA
Per quanto riguarda la crescita prevista nei prossimi anni, le Pmi italiane individuano nei prezzi elevati dell’energia il principale freno (51%), un valore significativamente più alto rispetto alla media Ue (38%). Al contrario, la difficoltà a trattenere o assumere personale qualificato pesa meno in Italia (30%) rispetto all’Ue (43%), forse a causa della minore domanda o della maggiore disponibilità locale di risorse.
Anche la concorrenza (36% IT vs. 38% Ue) e gli oneri normativi (29% IT vs. 35% Ue) sono percepiti come barriere ma con un’incidenza leggermente inferiore alla media europea.
PROPENSIONE ALL’EXPORT LEGGERMENTE INFERIORE ALLA MEDIA EUROPEA
Il 77% delle Pmi italiane dichiara di operare solo sul mercato nazionale, contro il 70% della media Ue, indicando una minore propensione all’export. Solo il 22% esporta in altri paesi Ue (vs. 26% Ue) e il 12% in paesi europei extra-Ue (inclusi Regno Unito e Russia), un dato comunque leggermente superiore alla media europea del 10%.
CONTESTO IMPRENDITORIALE E BARRIERE LINGUISTICHE I MAGGIORI OSTACOLI ALLA CRESCITA ALL’ESTERO
Tra le Pmi italiane che vendono in altri paesi Ue, la difficoltà di comprensione del contesto imprenditoriale (38%) e le barriere linguistiche rappresentano l’ostacolo principale, con un’incidenza superiore alla media Ue (33%).
Le difficoltà legate all’accesso alle informazioni normative (19% IT vs. 30% Ue) e agli aspetti fiscali (22% IT vs. 29% Ue) sono invece meno sentite in Italia, suggerendo che le aziende italiane affrontano barriere più culturali e operative che legali o fiscali nell’espansione intra-europea.
SOLO POCHE AZIENDE HANNO PIANI DI CRESCITA PER IL FUTURO
Solo il 16% delle Pmi italiane ha un piano di crescita sia in termini di fatturato che di personale, un dato molto inferiore alla media Ue (37%). Tuttavia, il 34% mira alla sola crescita del fatturato (vs. 30% Ue), mentre il 20% non ha attualmente un piano ma potrebbe crescere in presenza di condizioni favorevoli (vs. 13% Ue). Questo riflette un atteggiamento più cauto ma potenzialmente reattivo da parte delle Pmi italiane.
I PROBLEMI LEGATI ALL’INNOVAZIONE SONO MENO SENTITI
Le difficoltà più sentite in Italia sulla capacità di innovare riguardano la difficoltà a prevedere la risposta del mercato (32%) e il contesto normativo (19%), entrambe al di sotto della media Ue (36% e 29% rispettivamente). Anche la mancanza di competenze (20% IT vs. 23% Ue) e la scarsità di risorse finanziarie – sia pubbliche (15% IT vs. 19% Ue) che private (12% IT vs. 20% Ue) – sono percepite, ma in misura più contenuta, forse segno di minore investimento complessivo in attività innovative.
L’ADOZIONE DI TECNOLOGIE AVANZATE È IN RITARDO
Le Pmi italiane mostrano una certa arretratezza nella digitalizzazione: solo il 36% utilizza cloud computing e analisi dei big data contro il 46% della media Ue, e appena il 3% dichiara di usare intelligenza artificiale, contro un 14% a livello europeo.
L’unico ambito in cui l’Italia è quasi allineata è la sicurezza informatica (31% IT vs. 32% Ue). Questo gap evidenzia un ritardo digitale da colmare per competere su scala europea.