
Il risparmio rappresenta una grande risorsa per il nostro Paese e una fondamentale leva di sviluppo. Da un lato, permette alle famiglie di far fronte alle situazioni di difficoltà, ma anche di perseguire desideri e progetti di lungo termine, come l’acquisto della casa, l’istruzione dei figli, l’avvio di un’attività economica; dall’altro, per il tramite degli intermediari e dei mercati, finanzia il sistema produttivo e il debito dello Stato. Unisce quindi la natura di bene privato con una fondamentale funzione pubblica.
L’attitudine a risparmiare è tra le caratteristiche più solide delle famiglie italiane. L’edizione 2025 dell’Indagine sul Risparmio e le scelte finanziarie degli italiani, frutto di una lunga collaborazione tra Intesa Sanpaolo e il Centro Einaudi di Torino, segnala che è in grado di accantonare risorse il 58% degli intervistati, la percentuale più elevata degli ultimi vent’anni. Oltre un terzo del campione risparmia a scopo genericamente precauzionale, per far fronte a possibili imprevisti; poco più del 22% lo fa invece avendo in mente obiettivi precisi, con particolare attenzione all’età della pensione e alle spese legate alla vecchiaia. L’impressione è che negli italiani stia progressivamente maturando la consapevolezza di due importanti mutamenti strutturali: il minor grado di copertura assicurato dal sistema previdenziale obbligatorio, dopo le riforme che hanno segnato gli ultimi decenni; il possibile impatto sulla spesa sanitaria delle famiglie derivante dall’allungamento delle prospettive di vita.
La tenuta del risparmio risulta peraltro coerente con le dinamiche macroeconomiche. Malgrado la discesa dell’inflazione abbia favorito un graduale recupero del potere d’acquisto delle famiglie, l’incertezza mantiene elevata la propensione ad accumulare: gli ultimi due anni hanno visto crescere il tasso di risparmio degli italiani fino a toccare il 9,3% nel primo trimestre del 2025, dal 6,9% di fine 2022.
L’accumulo di ricchezza fatica, tuttavia, a tradursi in maggiori consumi e ad alimentare gli investimenti produttivi: benché solidamente radicato nella cultura delle famiglie, il risparmio resta una risorsa sottoutilizzata. La resilienza sociale ed economica, che ne costituisce una delle missioni (potremmo definirla la sua “missione pubblica”, a complemento di quella “privata”), resta un obiettivo in parte mancato.
Diversi fattori, culturali e strutturali, spiegano la difficolta di innescare un circolo virtuoso tra risparmio e investimenti. Nel caso italiano, rilevano la bassa propensione al rischio delle famiglie, la scarsa cultura finanziaria, la preferenza accordata alla liquidità e all’investimento immobiliare: sotto il profilo strutturale, incidono l’ampio sviluppo della previdenza obbligatoria, ma anche la particolare conformazione del tessuto industriale – che vede una prevalenza di operatori di piccola e media dimensione – e il limitato accesso delle imprese ai mercati dei capitali.
Non si tratta, tuttavia, di una questione esclusivamente italiana. Se il nostro Paese, nel decennio chiuso al 2024, ha visto in media annua i flussi di risparmio lordo eccedere di ben 43 miliardi quelli degli investimenti fissi lordi, nell’Eurozona la differenza è risultata, nello stesso periodo, di 543 miliardi.
Sul punto è intervenuto, nel settembre del 2024, il Rapporto Draghi, rilevando che la frammentazione dei mercati e la mancanza di significativi afflussi di risparmio a lungo termine continuano ad ostacolare l’efficienza dell’intermediazione finanziaria in Europa. Sotto il secondo profilo, pesa sicuramente l’insufficiente sviluppo dei fondi pensione: in base alle ultime evidenze disponibili, le attività pensionistiche si attestano nell’Ue al 32% del Pil, a fronte del 142% degli Stati Uniti e del 100% del Regno Unito. A ciò si aggiunge l’allocazione di portafoglio dei fondi pensione, che vede un forte impegno dei player anglosassoni sul mercato azionario.
Proprio a partire dal riconoscimento di questi elementi di debolezza, la Commissione europea ha presentato nel marzo del 2025 un ambizioso progetto di Unione dei Risparmi e degli Investimenti. L’iniziativa, che fa leva sui passi (peraltro piuttosto lenti) già compiuti sui due fronti della Capital Markets Union e della Banking Union, nasce con l’obiettivo di offrire alle famiglie più ampie opportunità di investimento e di agevolare l’accesso delle imprese ai mercati dei capitali.
Sarà importante capire come le linee strategiche delineate nel progetto riusciranno a tradursi, già nel breve termine, in azioni concrete, che potranno assumere la veste di iniziative comuni, ma anche di provvedimenti elaborati dagli stessi Stati membri. Nella visione “olistica” della Commissione, anche gli intermediari giocheranno un ruolo cruciale: nel facilitare l’accesso dei risparmiatori ai mercati finanziari, attraverso la consulenza e soluzioni di investimento innovative, in particolare in un’ottica di lungo termine; nel sostenere la crescita delle imprese con il credito e nell’accompagnarne la partecipazione ai mercati dei capitali; nel promuovere gli investimenti sui fronti strategici dell’innovazione e della decarbonizzazione, contribuendo all’affermazione di un modello di crescita sostenibile.
Sintesi dell’articolo pubblicato su RPE – Giugno 2025. Per scaricare il capitolo integrale cliccare qui
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Nota sull’autore

GREGORIO DE FELICE
Gregorio De Felice è Head of Research e Chief Economist di Intesa Sanpaolo. È stato presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione R&I (Ricerca & Imprenditorialità) dal 2022 al giugno 2025. Dal 2007 al 2010 ha ricoperto la carica di presidente di AIAF, mentre dal 2015 al 2018 è stato presidente di ICCBE.
Laureato presso l’Università Bocconi, è membro del Chief Economists’ Group della Federazione Bancaria Europea. È inoltre membro del Cda di diverse associazioni e del Consiglio del principale Fondo Pensioni del Gruppo Intesa Sanpaolo. È autore di pubblicazioni su mercati finanziari, sistema bancario e gestione debito pubblico.


