
“Troppo spesso si trovano scuse per la nostra lentezza. Diciamo che è semplicemente il modo in cui l’Ue è costruita. Che un processo complesso con molti attori deve essere rispettato. A volte l’inerzia viene persino presentata come rispetto dello Stato di diritto. Io credo che questa sia una forma di autocompiacimento”.
Sono stati in pochi a salvarsi dall’analisi offerta martedì da Mario Draghi, in occasione del primo anniversario della pubblicazione del suo report sulla competitività europea, documento che contiene 383 proposte per il rilancio economico ed è usato come base per il programma della Commissione europea nel nuovo mandato (qui l’articolo pubblicato dall’Imprenditore lo scorso anno).
Aprendo la conferenza convocata per fare il punto sullo stato di attuazione delle sue raccomandazioni, Draghi ha indicato chiaramente nella lentezza e nella mancanza di decisione da parte dei leader europei, sia a Bruxelles ma anche, e soprattutto, nelle capitali degli Stati membri, uno dei grandi problemi da affrontare per tornare a crescere.
Secondo l’ex presidente del Consiglio italiano, nel corso dell’ultimo anno, ciascuna delle sfide identificate nel Rapporto si è fatta più “acuta”. Le basi della crescita europea – espansione nel commercio mondiale ed esportazioni ad alto valore – si sono ulteriormente indebolite. Gli Stati Uniti hanno imposto le tariffe più alte dagli anni Trenta, mentre la Cina è diventata un concorrente ancora più forte.
Le esigenze di finanziamento restano enormi: la Banca centrale europea ora stima i fabbisogni annui di investimento fino al 2031 in quasi 1.200 miliardi di euro, rispetto agli 800 miliardi stimati un anno fa. Lo spazio fiscale, inoltre, è scarso.
Stando sempre ai dati citati dall’ex presidente della Bce, il debito pubblico dell’Unione europea è destinato a crescere di 10 punti percentuali nel prossimo decennio, raggiungendo il 93% del Pil su ipotesi di crescita più ottimistiche di quanto non siano oggi.
Sebbene l’Europa abbia iniziato a reagire, ponendo la competitività al centro della sua agenda, i cittadini e le imprese europee esprimono anche una crescente frustrazione: sono delusi dalla lentezza con cui l’Ue si muove, ha ricordato Draghi.
“Naturalmente, questo percorso infrangerà tabù di lunga data. Ma il resto del mondo ha già infranto i propri. Per la sopravvivenza dell’Europa, dobbiamo fare ciò che non è mai stato fatto prima e rifiutarci di essere frenati da limiti autoimposti”, ha esortato in conclusione Draghi, che poi ha aggiunto “Solo l’unità di intenti e una risposta di emergenza dimostreranno che siamo pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie”. A seguire riassumiamo i punti principali del discorso
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’Intelligenza artificiale, ha spiegato Draghi, dipende dal coordinamento di almeno quattro altre tecnologie:
- Cloud, per immagazzinare i dati.
- Supercalcolo, per processare i dati medesimi.
- Cybersecurity, per proteggere i settori sensibili.
- Reti avanzate (5G, fibra, satelliti), per la trasmissione.
In alcuni di questi settori l’Europa sta facendo progressi: sono in corso piani per almeno cinque gigafactory dell’IA, è attesa entro fine anno una grande riforma delle telecomunicazioni, l’adozione sta crescendo: la Bei rileva che le imprese europee stanno adottando tecnologie avanzate a un ritmo vicino a quello degli Stati Uniti.
Ma i divari restano evidenti e per l’ex premier serve più ambizione nei seguenti ambiti:
- rimuovere le barriere alla crescita delle nuove tecnologie. Un vero 28° regime deve diventare realtà, consentendo alle imprese innovative di operare, commerciare e raccogliere capitali senza ostacoli in tutti i 27 Stati membri, così come fanno i concorrenti in altre grandi economie.
- Semplificare la regolamentazione in modo radicale, in particolare il GDPR e l’AI Act che generano incertezze.
- Favorire le applicazioni settoriali dell’IA e integrarla nell’industria in modo verticale.
ENERGIA E DECARBONIZZAZIONE
Le ragioni strutturali identificate da Draghi per cui l’energia in Europa è così costosa sono le seguenti:
- prezzi del gas che, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, restano circa il doppio rispetto al periodo pre-Covid;
- un sistema di formazione dei prezzi in cui il gas continua a fissare il prezzo dell’elettricità la maggior parte del tempo, anche quando le rinnovabili crescono;
- oneri e tasse elevati.
La domanda di elettricità dei data center in Europa crescerà del 70% entro il 2030. L’energia rappresenta già fino al 40% dei loro costi operativi. Se questo divario non si riduce, sostiene l’ex presidente della Bce, la transizione verso un’economia high-tech si bloccherà.
La Commissione ha lanciato il Clean Industrial Deal e il Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili, ma il principale passo concreto finora è stato soltanto allentare le regole sugli aiuti di Stato, in modo che gli Stati membri possano sostenere con incentivi l’aumento dei prezzi. Ciò può offrire un sollievo temporaneo, ma non risolve le cause strutturali degli altri costi dell’energia, ha avvertito Draghi.
La decarbonizzazione è il percorso migliore, nel lungo periodo, per l’indipendenza energetica dell’Europa, ha rimarcato l’ex primo ministro italiano, ma per far funzionare un sistema dominato dalle rinnovabili sono necessari investimenti molto più rapidi in reti, interconnettori e generazione di base pulita, come il nucleare. I progetti transfrontalieri hanno inoltre bisogno di pianificazione ed esecuzione a livello Ue.
Al tempo stesso, sostiene Draghi, occorre essere realistici: queste misure non abbasseranno i prezzi dell’energia rapidamente. Ecco perché bisogna agire su leve capaci di fornire sollievo più immediato:
- riformare il mercato del gas ed elettricità, per migliorare il funzionamento dei mercati del gas e ridurre l’influenza del gas sui prezzi dell’elettricità.
- Disaccoppiare rinnovabili e nucleare dai fossili, ampliando i contratti a lungo termine, ovvero power purchase agreements (PPA) e contract for difference. Alcune iniziative utili sono già in corso, come il progetto pilota della Bei di garanzia per i PPA.
- Avanzare nella decarbonizzazione in modo flessibile e pragmatico. Ad esempio, come suggerito nel rapporto, la revisione imminente della regolamentazione sulle emissioni di CO₂ dovrebbe adottare un approccio tecnologicamente più neutrale, tenendo conto della realtà del mercato e del potenziale dei carburanti a zero emissioni di carbonio.
POLITICA INDUSTRIALE, DIPENDENZE STRATEGICHE E CONCORRENZA GLOBALE
Per Mario Draghi dobbiamo costruire la capacità di difenderci agendo in tre direzioni:
- Una nuova impostazione sugli aiuti di Stato.
- Utilizzo della leva della domanda europea e degli appalti pubblici per stimolare l’offerta nelle tecnologie critiche (difesa, semiconduttori, cloud europeo, applicazioni verticali dell’IA, acciaio verde).
- Una politica più ambiziosa nel campo della concorrenza. Nei settori della difesa, dello spazio e delle tecnologie a duplice uso, le dinamiche di mercato sono molto diverse da quelle dei mercati di consumo: qui, le fusioni e i consolidamenti non sono necessariamente una minaccia per i consumatori.
GOVERNANCE EUROPEA, VELOCITÀ DECISIONALE E STRUMENTI FINANZIARI COMUNI
Come aumentare la velocità dell’Europa? In alcuni ambiti, secondo Draghi, serve una riforma più profonda delle competenze, del processo decisionale e del finanziamento. Ma tali riforme richiedono tempo. Nel frattempo, i progressi possono dipendere da coalizioni di Stati volenterosi, usando meccanismi come la cooperazione rafforzata.
Anche senza modifiche dei Trattati, l’ex premier ritiene che l’Europa potrebbe già andare molto oltre, concentrando progetti, mettendo in comune risorse e considerando un debito comune per progetti comuni, di scala maggiore in aree cruciali per la produttività, dove la spesa frammentata dei singoli Stati non può più bastare.
Il discorso completo di Mario Draghi è disponibile a questa pagina in originale e sul Corriere della sera tradotto in italiano.
(Per la foto in alto, credits: © European Union, 2025, CC BY 4.0)

