Sobrietà negli acquisti e tendenza al risparmio hanno caratterizzato il mercato interno del settore alimentare, trainato negli ultimi quattro anni dal solo export. Per il 2017 il quadro dovrebbe migliorare grazie a un aumento della produzione e a esportazioni in crescita.
L’industria alimentare rappresenta il secondo settore manifatturiero del Paese, dopo quello metalmeccanico. Il suo fatturato, nel 2016, si è fermato a quota 132 miliardi. Un trend di produzione 2016 su indici grezzi del +0,8% e un calo dei prezzi alla produzione del -0,6% in media d’anno si sono praticamente compensati e non hanno permesso di ritoccare in meglio il dato della ricchezza prodotta.
Nel 2015, d’altra parte, un aumento di produzione su indici grezzi del +0,1% e un calo dei prezzi alla produzione del -0,2% avevano ottenuto lo stesso effetto.
Ne è uscita, in pratica, una stagnazione di questa grandezza, che si è prolungata per ben quattro anni: fatto senza precedenti sull’arco dell’intero dopoguerra.
Al fenomeno hanno contribuito altri segni congiunturali contraddittori che, a somma algebrica, hanno portato inevitabilmente allo stallo. Fra questi, soprattutto, l’erosione continua dei consumi alimentari. Dopo i 15 punti in valuta costante perduti dal 2007 al 2015, anche il 2016 ha segnato rosso, con un calo in valore dello 0,5% della spesa delle famiglie, compensato marginalmente dai consumi extra-domestici.
La grandezza più depressa del 2016 è stata rappresentata insomma, ancora una volta, proprio dalle vendite alimentari. Ma è emerso almeno un rallentamento del fenomeno, che potrebbe costituire premessa di un assestamento, in vista di un possibile, marginale recupero nel 2017. Secondo Eurispes, l’anno scorso il 48,3% delle famiglie italiane non è riuscito ad arrivare a fine mese, mentre per arrivarvi il 44,9% è stato costretto ad attingere ai risparmi. Un social gap inquietante.
Sullo specifico fronte alimentare, nel corso del 2016 è salita la percentuale di consumatori (+1,7%) che ha cambiato la marca di un prodotto, se più conveniente. Mentre i discount, non a caso, si sono confermati come l’unico segmento distributivo che continua a crescere: per giunta con tassi annuali non trascurabili, fra il 3 e il 4%. I leitmotiv delle dinamiche continuano a essere, quindi, sobrietà negli acquisti e grande attenzione al risparmio, cui si affiancano scelte guidate da aspetti salutistici. In particolare, le tendenze in valore sono risultate negative, soprattutto, per carni, salumi, lattiero-caseario, oli e bevande.
Eppure, nella fase di inflazione ultra-piatta che ha caratterizzato l’ultimo biennio, l’andamento del reddito lordo ha assistito, dopo anni di buio, a un marginale recupero del potere di acquisto delle famiglie. Ma esso ha innescato una ripresa della spesa per i beni durevoli, per i servizi alberghieri e ricreativi, cui non si è accompagnato un eguale recupero della spesa per i generi alimentari. Nel paniere della spesa Istat, essi si sono attestati al 17,7%.
Ma il contesto, nel complesso, non è stato deludente. La produzione alimentare ha chiuso con un +1,1% a parità di giornate lavorative, che reca una netta inversione di tendenza dopo il -0,6% con cui si era chiuso il 2015. È stata la migliore variazione dal lontano 2010. E ha consolidato il vantaggio di un settore anticiclico come l’alimentare rispetto al manifatturiero nel suo complesso. Il calo di produzione registrato dal settore rispetto al 2007 (ultimo anno ante-crisi) è stato pari, infatti, a una erosione di 2,5 punti, contro il taglio di 22,2 punti accusati in parallelo dal “totale industria” del Paese.
Com’è intuibile, in presenza di un mercato interno critico, il trend di produzione è stato trainato dall’export. Che ha segnato, a consuntivo 2016, una quota pari a 30 miliardi e 11 milioni, con un +3,6% sull’anno precedente. Anche per questa grandezza i confronti sul passo lungo sono premianti. Rispetto al 2007, l’export alimentare 2016 segna infatti un +65,4%, contro il +16,1% dell’export complessivo.
Malgrado questa rincorsa, il settore rimane tuttavia largamente meno export oriented del manifatturiero nel suo complesso.
L’incidenza fatturato export/fatturato totale del settore è salita nel 2016 al 23%, ma rimane ben lontana dal 37% della media manifatturiera. Grande polverizzazione produttiva e fenomeni di italian sounding macroscopici in tutti i principali mercati comprimono la nostra presenza rispetto alla enorme potenzialità del settore.
Interessante, comunque, la tenuta 2016 di alcuni mercati maturi (Germania +2,5%, Francia +3,2%, Stati Uniti +6,0%, Canada +7,3%, Spagna +6,5%). Essa ha consentito di ammortizzare le dinamiche deludenti di altri mercati importanti (Cina -12,3%, Giappone -3,3%) e di alcuni paesi emergenti. Sulle prospettive 2017 è quasi inutile ribadire che la ripresa economica del nostro Paese rimarrà ancora debole e ben al di sotto della media Ue.
Il fatto che quasi tutti i membri Ue siano più dinamici di noi e che l’inflazione stia ripartendo gagliarda (anche se non è tutta inflazione positiva, essendo “inquinata” dalla componente combustibili) significa che la politica espansiva e della Bce non potrà proseguire a lungo. Per cui, appena risaliranno i tassi, ne deriveranno problemi aggiuntivi per i delicati equilibri della nostra finanza pubblica.
Le previsioni specifiche dell’industria alimentare sono intonate comunque a un cauto ottimismo. Il fatturato 2017 di settore dovrebbe finalmente ripartire per raggiungere i 135 miliardi di euro. Tale incremento sarà frutto di un aumento prossimo all’1% della produzione e di una accelerazione dei prezzi alla produzione attorno al +1,0% in media anno.
L’export, in assenza di forti turbative internazionali, dovrebbe accelerare leggermente, per posizionarsi su un passo attorno al +5-6%. Il +4,9% con cui ha esordito nel primo bimestre rispetto allo stesso periodo 2016 è un buon auspicio.
Va segnalato che un mercato come quello russo, a dispetto dell’embargo, sta ricominciando finalmente a fare scintille (+50,5% nel primo bimestre). E questo è un buon viatico.
Le vendite alimentari interne, infine, potrebbero assistere a una sostanziale stagnazione in volume, accompagnata da un incremento di circa 2 punti percentuali in valore, in sintonia con l’accelerazione del tasso di inflazione.
In pratica, nel 2017 tutti i principali parametri (produzione, export e vendite interne) dovrebbero mostrare finalmente, in varia misura, senza eccezioni per la prima volta, dinamiche espansive. Molto dipenderà comunque dalle misure governative. A cominciare dal rischio di ritocchi Iva che, anche se limitati, potrebbero “gelare” nuovamente un mercato interno ancora molto volatile, compromettendo di riflesso l’attesa risalita della produzione.