Il governo incoraggia gli investimenti a lungo termine nel sistema produttivo grazie alle agevolazioni per famiglie ed enti previdenziali.
Sono ai blocchi di partenza due misure, da tempo invocate da Confindustria, previste dall’ultima Legge di Bilancio con l’obiettivo di favorire un maggior investimento delle famiglie e degli enti previdenziali italiani nel sistema produttivo domestico, in particolare in piccole medie imprese e infrastrutture.
La prima misura ha introdotto nel nostro sistema una novità importante, che allinea l’Italia alla realtà di altri paesi industrializzati quali Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Si tratta dei “Piani di risparmio a lungo termine”, meglio noti come Pir.
I Pir possono essere costituiti dalle persone fisiche residenti in Italia – attraverso l’apertura, tramite intermediari abilitati, di un rapporto di custodia, amministrazione, gestione di portafogli ovvero di un altro stabile rapporto di risparmio amministrato o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione – investendo in strumenti di capitale e di debito di imprese italiane ovvero residenti in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (See) ma con stabile organizzazione in Italia. L’importo massimo investibile in unpiano è pari a 30mila euro annui e a 150mila euro complessivi.
I redditi derivanti da tali investimenti saranno integralmente detassati a condizione che le somme del piano siano investite per almeno il 21% del loro valore complessivo in imprese diverse da quelle di maggiore capitalizzazione (comprese nell’indice di Borsa Ftse Mib o in indici equivalenti) e che tali investimenti siano mantenuti per almeno cinque anni.
Si tratta di vincoli pensati con l’obiettivo di convogliare le risorse delle famiglie verso le imprese italiane, con particolare riguardo alle pmi, assicurando loro una fonte stabile di finanziamento.
I Pir hanno destato uno straordinario interesse tra le famiglie e nell’industria del risparmio gestito. Non ci sono ancora dati ufficiali sulla raccolta, ma dalle prime notizie provenienti dal mercato emerge come diversi gestori abbiano già creato dei prodotto dedicati e un ammontare consistente del risparmio delle famiglie sia attratto dallo strumento; si stima una raccolta superiore ai dieci miliardi nei prossimi cinque anni.
L’auspicio è che le risorse investite nei Pir, che saranno comunque in larga parte indirizzate verso il sistema produttivo italiano favorendone lo sviluppo, arrivino anche alle società di minore capitalizzazione con potenzialità di crescita e impegnate in processi di innovazione e internazionalizzazione, con particolare riguardo a quelle che possono accedere al mercato Aim Italia o che hanno le caratteristiche per aprirsi a un fondo o emettere un bond.
Le nostre imprese, per parte loro, dovranno tuttavia prepararsi a questo cambiamento. Accedere ai mercati finanziari significa accantonare la paura della perdita del controllo, adottare modelli organizzativi efficienti, offrire buona governance e informazione trasparente al mercato. È un processo culturale in corso, che Confindustria sta stimolando, anche promuovendo la partecipazione delle imprese al programma Elite di Borsa Italiana.
La seconda misura punta, invece, a promuovere l’investimento di casse previdenziali e fondi pensione in equity di imprese italiane. Anche in questo caso un intervento essenziale per favorire la crescita del nostro sistema.
Casse e fondi, i cui patrimoni ammontano rispettivamente a oltre 70 e a oltre 100 miliardi, investono poco nel Paese nel confronto internazionale e quando lo fanno si concentrano prevalentemente su titoli di Stato.
Per la parte dedicata al sistema produttivo – che è comunque davvero contenuta se si pensa che i fondi pensione negoziali investono circa il 2% del patrimonio in titoli di debito e di capitale di imprese italiane – guardano ai titoli quotati, dedicando una porzione davvero minimale delle loro risorse alle pmi non quotate e agli asset cosiddetti alternativi illiquidi, quali fondi di private equity, di private debt e di real estate, nelle loro diverse forme e specializzazioni.
L’agevolazione introdotta dalla Legge di Bilancio – che dovrebbe comunque essere estesa anche all’investimento in strumenti di debito delle imprese – punta a cambiare questa situazione. Prevede, infatti, la detassazione dei redditi di natura finanziaria derivanti dall’investimento, anche tramite Oicr (Organismo di investimento collettivo di risparmio, ndr), di almeno il 5% del patrimonio (e fino a tale soglia) in azioni o quote di imprese italiane o residenti in stati dell’Ue o nel See con stabile organizzazione in Italia. L’incentivo, che anche in questo caso spetta a condizione che gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni, è strutturato in modo tale da favorire l’investimento in asset alternativi illiquidi che consentano agli enti previdenziali di sfruttare appieno le loro caratteristiche di investitori pazienti di lungo periodo.
L’attesa è che grazie alla misura introdotta dal governo, casse e fondi destinino – in coerenza con gli obiettivi previdenziali degli aderenti e con il loro orizzonte temporale di investimenti – una quota del loro patrimonio ben più consistente dell’attuale all’investimento in equity delle pmi e in infrastrutture.
Una simile evoluzione avrebbe un duplice effetto positivo. Farebbe l’interesse degli iscritti agli enti previdenziali che abbiano propensione al rischio: nell’attuale contesto dei tassi occorre, infatti, prendere in considerazione nuove classi di investimento non tradizionali che consentono di beneficiare di un premio di illiquidità e di puntare a più elevati rendimenti. Rappresenterebbe una spinta determinante per i processi di crescita delle pmi italiane e per il potenziamento infrastrutturale del nostro Paese, base imprescindibile per la ripresa della nostra economia.