Il 12 marzo 2016 Federchimica, la Federazione italiana dell’industria chimica, ha compiuto 100 anni. È trascorso un secolo nel quale tutto è cambiato, ma non la capacità dell’industria chimica di anticipare le sfide destinate a diventare proprie di tutta l’industria.
In Italia industria e associazionismo chimico sono cresciuti insieme e la loro storia si è intrecciata indissolubilmente con lo sviluppo industriale, economico e sociale del paese. È una storia percorsa da profondi cambiamenti, ma anche da forti elementi di continuità. La chimica stessa è “cambiamento”: della materia, dei processi produttivi, dei prodotti, della qualità della vita; cambia se stessa e fa cambiare gli altri.
L’industria chimica è stata la prima a introdurre innovazioni in grado di rivoluzionare interi settori produttivi, di generare ondate di cambiamento anche nella società e di creare progresso, non solo economico. Lo fece in Italia con Giacomo Fauser e il processo di sintesi dell’ammoniaca e lo sviluppo dei fertilizzanti sintetici e con Giulio Natta e il polipropilene, che, insieme alle altre plastiche, nel Dopoguerra, consentì ad ampie fasce della popolazione di accedere ai beni di consumo e al benessere.
L’industria chimica continua a innovare oggi nella principale sfida per il futuro: lo sviluppo sostenibile, ossia una crescita economica equilibrata in grado di assicurare a tutti salute, sicurezza e benessere proteggendo, al tempo stesso, le risorse naturali. La chimica, infatti, è già un motore di sostenibilità, grazie alla sua attitudine allo sviluppo continuo, che conduce all’ottimizzazione dei processi e a un sempre miglior utilizzo delle risorse.
La sostenibilità è un obiettivo complesso, che si persegue con efficacia solo se tutti – imprese, politica, società civile – operano per creare un ambiente favorevole alla nascita di nuove idee, di ulteriore impulso alla ricerca e all’innovazione.
La chimica ha anticipato i tempi e da anni facciamo la nostra parte, segnando un percorso virtuoso che può esser preso ad esempio da altri settori.
Con la concorrenza dei paesi emergenti, basare l’innovazione sulla ricerca diventa una necessità per tutto il made in Italy. Nella chimica italiana questa consapevolezza è in atto da tempo e ha portato all’affermarsi di imprese, anche piccole e medie, fortemente votate alla ricerca, specializzate in particolari famiglie di prodotti di qualità e orientate ai mercati internazionali. Nuove molecole, nuovi materiali o nuove formulazioni diventano spesso la base del successo del made in Italy: dall’automobile alla casa, dall’abbigliamento all’arredamento e in tanti altri settori, difendendo così dalla competizione internazionale le produzioni realizzate in Italia e con esse tanti posti di lavoro.
Da sempre l’industria chimica in Italia valorizza la centralità strategica delle risorse umane, considerate come persone da formare e coinvolgere, superando le logiche di contrapposizione tra lavoro e capitale tipiche del Novecento. Le nostre idee e il modo in cui le abbiamo realizzate nel contratto nazionale di lavoro hanno anticipato tutti e in alcuni casi hanno ispirato anche il legislatore, ad esempio con le normative contrattuali in materia di sicurezza e con la flessibilità sugli orari di lavoro, con l’avvio dei fondi settoriali di previdenza e sanità integrativa Fonchim e Faschim e, ancora, con le deroghe contrattuali e l’abolizione degli scatti di anzianità.
Fare ricerca e valorizzare le risorse umane porta anche all’esigenza di migliorare l’interazione con la formazione scolastica e universitaria e con la ricerca pubblica, attraverso iniziative nate per creare nel sistema una più forte sensibilità industriale.
In questa direzione si pone una nuova iniziativa che Federchimica ha lanciato in occasione della sua assemblea: “Scienza e Industria chimica insieme”, con la quale si sostengono tesi di laurea di interesse industriale con premi e tirocini. Federchimica ha già messo a disposizione dieci premi.
Il dialogo trasparente e costruttivo con tutti gli interlocutori è diventato un principio guida di Federchimica, nella consapevolezza che la competitività dipende sempre più dai fattori esterni alle imprese e che essa passa anche attraverso il riconoscimento sociale del ruolo positivo dell’industria chimica.
Nella chimica in Italia si è affermato il modello dell’impresa “aperta”, che ha molto da ricevere, ma anche molto da offrire al mondo esterno, attraverso le sue intense relazioni non solo con i dipendenti o con i clienti, ma anche con le comunità locali, con il mondo della ricerca, della formazione, con le istituzioni, con la Pubblica amministrazione e con la pubblica opinione.
Dato che l’impresa non può da sola intervenire sulle condizioni di contesto, si sono ampliati il senso e il valore dell’associazionismo, inteso come l’ambito ideale per facilitare il dialogo e la collaborazione tra soggetti diversi nel rispetto della reciproca autonomia.
Cento anni di storia dell’associazionismo chimico – pur con tante differenze e specificità, ma anche con la capacità di anticipare le sfide rinnovandosi senza tradire la propria identità – dimostrano il contributo che le associazioni di imprenditori come Federchimica possono dare non solo alle imprese che rappresentano, ma alla comunità intera. Un contributo che valeva cento anni fa, vale oggi, e dovrà valere ancor di più in futuro in tutta l’economia e ancor di più nella chimica.
È sempre più vero quello che Marcelin Berthelot – chimico, storico e uomo politico francese – disse nel 1894 pensando alla chimica del 2000: “L’avvenire della chimica sarà, non ne dubitate, più grande ancora del suo passato”.
Il 12 marzo 2016 Federchimica, la Federazione italiana dell’industria chimica, ha compiuto 100 anni. È trascorso un secolo nel quale tutto è cambiato, ma non la capacità dell’industria chimica di anticipare le sfide destinate a diventare proprie di tutta l’industria. In Italia industria e associazionismo chimico sono cresciuti insieme e la loro storia si è…