Alberto Baban conclude il suo percorso alla guida di Piccola Industria. Un viaggio all’insegna dell’innovazione per traghettare le piccole e medie imprese in un futuro che è già presente
Presidente, è tempo di bilanci. Partiamo da lei, cosa porta “a casa” di questi quattro anni alla guida di Piccola Industria?
È stata un’esperienza meravigliosa, prima di tutto dal punto di vista umano. Ho costruito rapporti splendidi che mi auguro potranno durare nel tempo. Ho imparato tanto anche come imprenditore. Una cosa soprattutto: non pormi limiti. E ho avuto la fortuna di poterlo dimostrare ampliando il raggio delle mie attività occupandomi di settori a me prima lontani.
Ma come Presidente è stato ancora più stimolante e appagante perché ho avuto l’onore e il privilegio di conoscere nel profondo il nostro Paese, un Paese che è molto più solidale e coeso di quanto non lo dipingano a volte i media. Un Paese in cui cultura e bellezza convivono contaminando la straordinaria capacità dei nostri Imprenditori.
In questi quattro anni sono stato accompagnato da una grande squadra di vicepresidenti che approfitto per ringraziare sentitamente e con i quali ho condiviso questo affascinante viaggio e che ha dato un contributo di altissimo spessore al dibattito politico economico di Piccola Industria. E qui un ringraziamento particolare va allo staff di Piccola industria. La loro disponibilità e professionalità non hanno fatto mai mancare un concreto supporto al nostro impegno. Un tesoro e un’eredità che lasciamo volentieri al prossimo Presidente.
Ha anticipato l’ultima domanda. Eccola, che augurio fa al suo successore?
Gli auguro di mantenere alta quest’idea di rappresentanza, di comprensione su quali saranno le prossime trasformazioni e di costruire un dialogo se possibile ancora più ampio di quello che abbiamo già fatto. Più fabbriche si visitano, più imprenditori si incontrano, maggiore è la qualità della proposta. Ecco, se dovessi dire, l’unica risorsa rara è stata il tempo.
Il tempo, la velocità. Se ci consente il termine, sono stati quasi “un’ossessione” in questi anni.
Assolutamente sì e risponderò con un esempio. Il dibattito su Industria 4.0 e la necessità di traghettare il sistema delle piccole e medie imprese italiane verso modelli produttivi che inglobassero il digitale, come è noto, da noi è un fatto relativamente recente. Parlavamo di trasformazione digitale prima ancora che la Germania coniasse il termine 4.0.
Siamo stati sostenitori e promotori del piano governativo Industria 4.0 “stressando” le nostre pmi sul porre la massima attenzione su questa trasformazione e oggi che constatiamo che il meccanismo è partito siamo già entrati in una nuova fase di accelerazione.
Chi è rimasto più indietro in tutto ciò è la Pubblica amministrazione. L’infrastruttura pubblica non sta seguendo gli stessi tempi e questo possibile“scollamento” rappresenterà, a mio avviso, una criticità non di poco rilievo.
Nei prossimi quattro anni andranno in pensione mezzo milione di dipendenti pubblici. Coloro che li sostituiranno hanno una preparazione in ottica Pa 4.0? Dal dopo crisi sono precipitati gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo e infrastrutture e non si è speso abbastanza nell’educazione. Quali saranno le conseguenze? Sono temi dove occorre intervenire, al più presto direi.
Il Piano Industria 4.0 è andato bene e il Governo pensa al rinnovo degli incentivi. E le imprese cosa devono fare adesso?
Distinguerei tra coloro che investono abitualmente in innovazione e chi lo ha fatto stimolato dagli incentivi. I primi continueranno a farlo perché hanno un approccio sistematico, metodico. Ma è soprattutto ai secondi che noi ci rivolgiamo, invitandoli ad approfondire le potenzialità di una scelta che da occasionale diventa strutturata. Gli investimenti in tecnologia aprono mondi – e soprattutto mercati – che un buon imprenditore oggi ha il dovere di conoscere ed esplorare per il bene della propria impresa.
Proprio tutti gli imprenditori? Anche chi fa B2B?
Certamente. Come spesso diciamo, infatti, l’imprenditore deve diventare da “uomo di prodotto” a “esperto di mercato”. Pensiamo ad Amazon, Google, Facebook; non possiamo ignorare il fatto che l’ingresso di questi giganti ha prodotto modifiche nei comportamenti dei consumatori, abituandoli a un soddisfacimento veloce e puntuale delle loro richieste. Dobbiamo fare il prodotto che ci chiede il mercato con un servizio adatto all’era digitale e una qualità riconoscibile e originale che esalti il saper fare Italiano.
Questo si riverbera anche al di fuori del mercato propriamente retail. Il nostro suggerimento, quindi, è di non restare dei puri terzisti, ma di ampliare lo sguardo. L’analisi del mercato è indispensabile e me ne sono accorto in maniera tangibile visitando in questi anni il Consumer Electronic Show, il celeberrimo appuntamento dedicato alla tecnologia che si tiene a Las Vegas. Laggiù l’obiettivo è chiaro: pensare ai consumatori e a come migliorare la qualità della loro vita fornendogli prodotti che soddisfino i loro bisogni siano essi evidenti o latenti. Temi che stanno prendendo sempre più piede nelle scelte strategiche delle imprese e che hanno lanciato nuovi settori in grande ascesa come quello del bio-tech, healthy ageing, bio food e environment friendly tech. Tecnologie e prodotti si fondono creando una manifattura digitale.
Bisogna innovare e per farlo servono risorse, anche finanziarie.
Da parte di Piccola Industria l’attenzione al tema della capitalizzazione non è mai mancata e in questi anni ci siamo impegnati per tenere acceso il dibattito sulla necessità di canali di finanziamento alternativi, o quanto meno complementari, al credito bancario. Rispetto ad altri paesi abbiamo un po’ di strada da recuperare, ma ci stiamo mettendo al passo. Pensiamo ai recenti Piani individuali di risparmio, che a pochi mesi dal loro debutto stanno già riscuotendo un enorme successo. Il 70% raccolto dovrà essere investito in aziende Italiane e il 21% in pmi nostrane.
La previsione per quest’anno è di 10 miliardi di raccolta e le nostre imprese devono essere consapevoli che il momento per raccogliere finanze al supporto della crescita è adesso.
L’Italia deve accrescere la platea di aziende innovative e internazionalizzate, il mercato è globale e competitivo, le pmi non possono tirarsi indietro da questa sfida.
E queste pmi ci sono nel nostro Paese?
Ci sono e sono tantissime. Viaggiando su e giù per l’Italia mi sono convinto di una cosa e cioè che talvolta gli imprenditori non hanno piena consapevolezza del “tesoro” che hanno creato. E non mi riferisco soltanto al più volte celebrato “saper fare”, ma alla capacità di “problem solving”, la qualità oggi più richiesta da un mercato sempre più frenetico. Abbiamo davvero opportunità straordinarie, non dobbiamo sprecarle.