Integrare digitale e manifatturiero è un passaggio obbligato, così come porre attenzione alla cybersecurity.
La vostra Federazione conta più di 30 associazioni di categoria: quali sono oggi le priorità? Su quali aspetti chiedete più attenzione da parte dell’Esecutivo?
Rappresentiamo diversi ambiti di attività di servizio ad alto valore aggiunto: dall’informatica all’ingegneria, dai servizi di attestazione di conformità all’ambiente, nonché servizi per l’efficienza energetica, consulenza, comunicazione e ricerche di mercato, servizi professionali.
Liberalizzazioni e concorrenza, innovazione e internazionalizzazione sono le priorità della nostra federazione, delle 30 Associazioni di categoria e delle 45 sezioni territoriali. Riforme necessarie per liberare il potenziale di crescita e di produttività del Paese, che sono migliorate ma ancora non hanno determinato la svolta strutturale del rapporto debito/Pil.
Il Paese ha finalmente agganciato la quarta rivoluzione industriale e l’integrazione fra servizi digitali e industria, grazie al grande lavoro di Confindustria, di Piccola Industria e del Piano Industria 4.0 varato dal Governo. Siamo solo all’inizio, ma abbiamo invertito la tendenza.
Le conseguenze sul lavoro e la società occupano sempre di più il dibattito. Quale ruolo ha la Federazione nello spiegare queste trasformazioni?
La Federazione è stata senza dubbio apripista in Italia di Industria 4.0 e ha iniziato a lavorare coinvolgendo le imprese italiane a partire dal 2013, cogliendo in anticipo l’avvio di una trasformazione profonda di tutto il sistema produttivo: nuove tecnologie e innovazione digitale nelle fabbriche, ma anche in tutti gli altri settori dell’economia.
Inoltre, collaboriamo con la Commissione europea per individuare strumenti concreti a supporto della digital transformation delle imprese e abbiamo promosso, nell’ambito del programma europeo I4MS, la costituzione di cinque Digital innovation hub inseriti nel relativo network europeo per la creazione di un ecosistema di utenti, fornitori e università che faccia generare innovazione.
Suggestioni come quelle di Elon Musk, ceo di SpaceX e Tesla, sui rischi dell’intelligenza artificiale, la trovano d’accordo?
Penso che a monte di tutto ci debba essere sempre la decisione dell’uomo, che costruisce e programma sistemi informatici. Certamente è indispensabile mantenere il controllo e garantire la sicurezza dei sistemi digitali e delle loro “intelligenze”; la cybersecurity assume un ruolo centrale anche nel prevenire e superare rischi e timori di Elon Musk. L’uomo è ancora al centro di tutto ciò e deve continuare a ricercare l’equilibrio fra cyber attacco e cyber difesa, ma anche rafforzare la capacità di decisione del singolo con tutti i mezzi disponibili. Ricordiamo, ad esempio, il tenente colonnello dell’Urss, Stanislav Petrov, che nel 1983, in servizio con il compito di monitorare il sistema satellitare posto a sorveglianza dei siti missilistici statunitensi, non obbedì ai protocolli ma ai dubbi della sua intelligenza ed evitò che un falso allarme missilistico portasse alla terza guerra mondiale.
A proposito dei rischi legati alla sicurezza, le imprese ne sono consapevoli? Si stanno attrezzando?
Il rischio è elevato e le imprese cominciano ad affrontarlo acquisendo consapevolezza delle problematiche. Lo Stato, attraverso la polizia postale, sta facendo da anni un ottimo lavoro: ha attivato un sistema di alert che riesce in molti casi ad avvertire tempestivamente le imprese che hanno subito tentativi di attacchi malware nei loro sistemi informatici.
Anche Confindustria sta lavorando su questi aspetti con molta serietà. Ma tutto ciò non esime nessuna impresa, anche la meno digitalizzata, dal prestare la massima attenzione e ad attrezzarsi per migliorare gli aspetti della sicurezza e della difesa della privacy. Occorre sempre tener presente che la stessa continuità aziendale può essere messa in pericolo da un cyber attacco.
Le imprese italiane sono sollecitate a investire sempre di più in innovazione, che deve però poi essere applicata e generare valore. Quali gli elementi necessari?
Focalizzazione sul cliente e tempestività sono i due elementi chiave per poter tradurre l’investimento innovativo in valore per l’azienda. Che si tratti di un nuovo prodotto o di un nuovo modello di business, ciò che conta è saper cogliere i bisogni del cliente. Big Data, data analitics, customer e marketing intelligence, cybersecurity diventano strumenti per orientare scelte di investimento e nuove soluzioni di business.
Quali azioni vanno messe in campo per superare il mismatch tra giovani che cercano lavoro e professionalità richieste dalle imprese?
Tema critico perché siamo in una rivoluzione culturale: mancano competenze digitali e professionalità “soft”, quelle necessarie per integrare le tecnologie alle esigenze di cambiamento e ristrutturazione dell’azienda. Gli ultimi dati Ocse del rapporto 2017 “Education at a Glance” mettono in evidenza l’esiguo numero di laureati in Italia – siamo ancora al 18% della popolazione attiva – e una forte concentrazione delle lauree in ambito umanistico non in linea con le tendenze mondiali. Occorre operare su tre fronti: sull’orientamento dei giovani affinché si indirizzino verso percorsi scientifici; sulle collaborazioni strategiche tra università e imprese per allineare i contenuti formativi alle esigenze delle imprese; e infine sulla formazione on the job, ricorrendo all’alternanza scuola-lavoro e al sistema duale.