La diminuzione del sostegno economico statale ha spinto negli anni teatri, musei, e luoghi di cultura in genere, ad aprirsi alla filantropia privata. Emergono diversi modelli di controllo da parte dell’amministrazione centrale, che in Inghilterra lascia complessivamente maggiore autonomia. Ciò dipende dalle differenze nel quadro giuridico, ma anche dalla tradizione politico-culturale del paese
In Italia alcuni comparti mostrano una crescita superiore alla media Ue – è il caso dell’editoria libraria – ma nel complesso le professioni del settore creativo e culturale scontano la fragilità della struttura industriale sottostante e il mismatch rispetto alle figure richieste, anche in virtù dell’innovazione tecnologica. Se ne parla in uno dei capitoli dell’ultimo numero della Rivista di Politica Economica
Nel 2019, l’anno precedente alla pandemia, non aveva svolto alcuna attività culturale il 20,7% della popolazione, un residente su cinque. Un valore che aumenta con l’età e peggiora se si abita al Sud. Eppure moltissimi studi certificano che le esperienze culturali migliorano il benessere e la salute delle persone. Se ne parla in uno dei capitoli dell’ultimo numero della Rivista di Politica Economica
L’ultimo numero della Rivista di Politica Economica è dedicato eccezionalmente a un settore specifico, quello dell’industria culturale. Stefano Manzocchi, prorettore alla ricerca all’Università Luiss Guido Carli e direttore della pubblicazione, spiega i motivi di questa scelta e perché è importante che la cultura venga inclusa nei fabbisogni fondamentali per una collettività
L’ultimo numero della Rivista di Politica Economica “L’impresa delle competenze – I nuovi saperi e il lavoro” dedica un capitolo al sistema degli ITS (Istituti Tecnologici Superiori, oggi ITS Academy), fotografandone lo stato dell’arte e le prospettive di evoluzione. Nel panorama formativo italiano si tratta di un modello originale sotto molti aspetti: piani didattici, ruolo delle imprese e uso delle nuove tecnologie abilitanti
Non sarà semplice coprire la richiesta di nuove professionalità, così come compensare i settori e i territori più esposti agli effetti negativi del cambiamento. A mettere a fuoco la questione è uno dei capitoli dell’ultimo numero della Rivista di Politica Economica “L’impresa delle competenze – I nuovi saperi e il lavoro”, che offre un’analisi di previsione sulle occupazioni sul mercato del lavoro, utile ad assistere la progettazione di misure di sostegno
In Italia le scuole di impresa hanno attecchito con difficoltà a causa delle ridotte dimensioni aziendali e della frammentazione della struttura produttiva. Dall’altra parte il sistema di istruzione tecnica superiore guarda al modello tedesco, ma nonostante l’introduzione degli ITS c’è ancora molto da fare. In ogni caso l’imperativo resta uguale: formarsi tutti, formarsi sempre. Una riflessione dall’ultimo numero della Rivista di Politica Economica
Differenze tra paesi, fra centro e periferia, tra giovani e anziani, fra donne e uomini. Le disparità nei livelli di conoscenza e uso delle tecnologie digitali sono un problema molto serio, dove queste rischiano di acuirsi in assenza di supporti mirati, e non soltanto di risorse economiche. A mettere a fuoco la questione è uno dei capitoli dell’ultimo numero della Rivista di Politica Economica “L’impresa delle competenze – I nuovi saperi e il lavoro”
Cambiano le professioni, cambiano le competenze richieste sul mercato del lavoro. Ma le persone fanno fatica ad adeguarsi, anche per la difficoltà di organizzare un sistema pubblico per la formazione continua. Poche aziende, le più grandi, provvedono da sole, ma il problema resta e durerà a lungo. A questo tema è dedicato l’ultimo numero della Rivista di Politica Economica e ne abbiamo parlato con il direttore Stefano Manzocchi
Il sistema industriale è da tempo impegnato nella transizione verso un modello di produzione più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. Alle complessità di questo passaggio si sono aggiunte le criticità determinate dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina. Alcune imprese stanno valutando di spostare la produzione e un’indagine condotta dal Centro Studi Confindustria e il gruppo Re4It fa il punto della situazione. Se ne parla nell’ultimo numero della Rivista di Politica Economica